Benedetti, quando il pallone era ancora un’arte

di Matteo Maiorano

“Benè capisce la pittura, sente la forma e rende il volume”. Era il 1947 e la Salernitana, composta da un manipolo di calciatori e nulla più, rappresentava lo specchio del provincialismo. Impacciata, pochi investimenti possibili ma tanta, tantissima passione. Un po’ a sorpresa, dopo un grande campionato, la Salernitana si affaccia per la prima volta alla serie A.

Guidata da Gipo Viani, la Bersagliera fu artefice di una stagione da protagonista che purtroppo culminò con l’infausta retrocessione. Baluardo della retroguardia di un biennio da protagonisti fu Cesare Benedetti. Difensore ma all’occorrenza anche centrocampista, espressione perfetta del Vianema del proprio allenatore, Benedetti incarnò lo spirito di una Salernitana che mise in ginocchio le grandi del nord, nonostante il divario tecnico ed esperienziale notevole. In particolare la sfida contro il Grande Torino, giocata all’Arechi, rappresentò un’esplosione di colore e tifo. I tifosi della Salernitana, allora molto vicini anche alle gesta della banda Mazzola, se durante i primi minuti furono molto imparziali, applaudirono e sostennero per larga parte del match la squadra di casa, che uscì sconfitta solo dal punto di vista del risultato.

Una delle bandiere di quella Salernitana fu proprio Cesare Benedetti. Calciatore prima, artista di fama internazionale dopo, Benè nel 1949 appese le scarpette al chiodo per dedicarsi totalmente alla pittura, divenendo allievo di grandi artisti contemporanei. Nel corso degli anni furono diversi i grandi artisti del tempo che si avvicinarono alle sue opere, tra cui il grande Giorgio De Chirico, amico e maestro di Bené. L’ex calciatore è stato uno dei pochissimi artisti ammessi alla corte dei Grimaldi, Principi di Monaco, dove ha eseguito diversi ritratti, tra i quali quello divenuto celebre della Principessa Carolina da bambina.

Artista figurativo, ampia è la sua raccolta di opere aventi come soggetti “belle donne”: con estrema abilità tecnica e con una spiccata sensibilità Benè lasciava che nobildonne, baccanti e modelle esternassero tutta la loro femminilità ed eleganza, sospese in un tempo indefinito di eterna bellezza. Soprannominato “Il pittore dei Papi”, nel corso della sua lunga carriera ha realizzato i ritratti di Giovanni XXIII, Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, dai quali emerge tutta la sontuosità e la santità delle varie personalità raffigurate. In particolare, quello di Karol Wojtyla, esposta nella sala del Capitolo del Duomo di Treviso e presso la Chiesa di S. Agnese di Treviso, è una delle più celebri di Bené per dimensioni (alta 2 metri) e qualità realizzativa. Ricorrenti nei suoi dipinti troviamo le rappresentazioni di cavalli, eseguite prevalentemente ad olio e a carboncino. Simbolo di forza e fierezza, ricorrente anche in alcune opere del suo maestro De Chirico, è l’animale più raffigurato nella storia dell’arte e Benè ha voluto omaggiare la sua nobiltà reinterpretando Derby di Epson, famosa opera di Gericault, disegnando cavalli selvaggi in corsa. Le opere di Benè sono sparse per il mondo, arricchendo collezioni pubbliche e private dagli Stati Uniti alla Francia, dal Canada alla Svizzera.

Published by
Redazione