De Biase: “La maggioranza silenziosa è deluchiana e il centrodestra a Salerno lo sa bene”

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E’ un’impressione desolante – ma a dir poco realistica – su politica e partecipazione democratica quella dell’ex sindaco di Salerno Mario De Biase, uomo di punta della sinistra in città, “delfino” di Vincenzo De Luca nei primi anni 2000 tanto da essere designato come candidato a primo cittadino per le elezioni del 2001, che vinse con un consenso piuttosto ampio. Poi, un complesso incarico come commissario governativo alle bonifiche nella Terra dei Fuochi e, infine, il ritiro dalle scene. Tanta delusione e disaffezione nei confronti della politica (e, soprattutto, della sinistra) traspare dalle parole dell’ex primo cittadino di Salerno, che punta il dito (anche) contro l’attuale sistema elettorale, il Rosatellum, e la riduzione del numero dei Parlamentari. Si tratterebbe – commenta – di elementi che avrebbero inferto il colpo di grazia ad un rapporto, già compromesso nel corso della Seconda Repubblica, tra politica e cittadinanza.

Sindaco De Biase, le elezioni incombono: sarebbe interessante avere un suo parere su questa vicenda.
“Figuriamoci, sono un pensionato ancora ancorato al secolo scorso”.

Cosa è cambiato rispetto a quel periodo al quale sostiene di essere “ancorato”?
“C’è poco da dire: la democrazia parlamentare, come eravamo stati abituati a conquistarla prima, e poi a viverla, nel secolo scorso non c’è più e non se ne prende ancora atto. Ormai gli elettori sono al massimo il 50% della popolazione. Con il 25% dei consensi si dichiara maggioranza e si governa, mentre il 75% delle persone è all’opposizione di ogni potenziale vincitore. Non ci sono più, per nessun partito e nessuno schieramento, i consensi, la partecipazione democratica, la designazione secondo i numeri, e, aggiungerei, le modalità di una volta”.

Hanno inciso anche altri fattori, come il Rosatellum, sulla condizione attuale?
“Poi, non a caso, c’è questo bel meccanismo elettorale, in cui il capo del partito si sceglie i propri adepti ed i propri eletti: le elezioni in questo modo terminano già trenta giorni prima e più della data del voto. Le elezioni sono già decise e già finite. Il centrodestra ha vinto, gli eletti parlamentari sono stati già scelti. Ci saranno al massimo una decina di persone che potranno cambiare, complessivamente, come rappresentanti, rispetto alla designazione originaria. La gente, al contempo, non vota e protesta non votando, mentre i nostri avi hanno lottato da ogni parte per la democrazia. Prendiamo atto che è tutto finito, governano i grandi gruppi finanziari mondiali, un po’di interessi costituiti in giro per il mondo. Alla fine viviamo nient’altro che una lotta tra clientes dei vari pochi notabili del mondo”.

In Italia, però, sembra esserci un dualismo ben definito tra centrodestra e centrosinistra, senza considerare Terzo Polo e Cinque Stelle che pure si appellano ad una fetta importante di elettorato, rispettivamente.
“Non c’è più molta distinzione tra centrodestra e centrosinistra: i valori fondanti di un partito non sono più definiti come una volta. Ci sono pareri differenti su temi contingenti, per la maggior parte dei casi”.

Fatta qualche eccezione, oserei dire.
“Sulle grandi questioni nazionali ed internazionali la politica non decide nulla, e, vede, anche su temi come l’immigrazione e i diritti civili, sui quali sembra esserci una profonda differenza tra destra e sinistra, bisognerà vedere cosa effettivamente verrà messo in essere, al di là di parole e proclami. Salvini fa la parte dell’anti-immigrati a Lampedusa, ma non può impersonare questo ruolo a Bergamo o Brescia dove l’immigrazione è vitale per sostenere la domanda della forza lavoro. I confini non esistono per i grandi gruppi finanziari mondiali, figuriamoci se esistono per i poveri migranti che sbarcano sulle nostre coste. Sono fenomeni più grandi di noi”.

Le convergenze necessarie per costituire coalizioni più o meno competitive hanno fatto venire meno anche alcuni storici e consolidati posizionamenti, anche a livello locale: si pensi, ad esempio, a Sinistra Italiana, che correrà con il Pd nonostante una lunga fase di opposizione a De Luca.
“È una discussione poco significativa, il meccanismo elettorale richiede scelte del genere. Nessuno può accusare Franco Mari di essere a sostegno di De Luca e del deluchismo, al di là della recentissima scelta del partito di cui fa parte. Ad oggi qualsiasi ostacolo all’avanzata delle destre può essere considerato come utile. Certo, oltre al danno, però, può esserci anche la beffa. Pensiamo, ad esempio, all’elezione di Piero De Luca a Salerno, legata alla mancata elezione della Bonino nel collegio di Caserta. Se dovesse accadere che nel Collegio di Salerno Sinistra Italiana conseguirà una percentuale compresa tra l’1 e il 3%, quindi non tale da superare la soglia di sbarramento necessaria per eleggere il proprio capolista al proporzionale, i voti dati a Franco Mari, per ironia della sorte, potrebbero contribuire direttamente a far scattare il seggio per Piero De Luca. Quindi, si tratta di una conseguenza indiretta ma inevitabile per una persona che ha fatto dell’antideluchismo la sua bandiera”.

Chi vuole votare contro De Luca, dunque, non dovrebbe votare Sinistra Italiana?
“Per me no, anche se ovviamente capisco le loro ragioni”.
C’è una “maggioranza silenziosa” a Salerno, che potrebbe esprimersi contro Vincenzo De Luca?
“Il punto è, però, è un altro. Negli anni ’70 non si trovava mai nessuno che dichiarava di votare Democrazia Cristiana, eppure la DC aveva sempre la maggioranza. A Salerno la maggioranza silenziosa è deluchiana, anche il centrodestra ha probabilmente fatto una scelta accomodante nei confronti del PD, sapendo che nel collegio salernitano comunque la partita, a differenza che nella stragrande maggioranza degli altri collegi, la partita è ancora aperta”.

Come vede le sorti dell’ altra sinistra, quella del Movimento 5 Stelle?
“Chi vota Cinque Stelle non lo fa per il candidato, non lo fa per appartenenza territoriale, ma preferisce votare una persona non di territorio”.

Ma, in fondo, cos’era la sinistra?
“La sinistra era figlia di un’idea di emancipazione democratica oltre che culturale, di valori, di partecipazione. In questo contesto queste parole non hanno più senso. La sinistra non esiste più, mentre i valori della destra esistono ancora, dall’uomo solo al comando, all’andare contro i diritti sociali, contro l’immigrazione, contro l’integrazione. Tutto questo è destra, ed esiste ancora”.

Lei vede un pericolo fascista o putiniano nelle posizioni di parte del centrodestra?
“Sulle grandi questioni la politica non decide nulla, è tutta una grande sceneggiata. Sulle grandi veicolazioni di idee, valori e disvalori, la politica non conta. Un ente che ha ancora un po’di potere, paradossalmente, è la Chiesa. Ma nella sostanza, sulle vicende reali, il parlamentare medio non decide nulla. Sono ormai i social network a veicolare decisioni e sentimenti nella popolazione”.

Quale crede potrà essere l’esito delle elezioni del 25 settembre?
“Cosa mi importa? Sara la fortuna personale singola, del proprio sistemuccio di potere, a garantire l’elezione di qualcuno. E vicende del genere non cambieranno le sorti della comunità nazionale, né tantomeno quella di Salerno. Può essere qualcosa di scioccante ciò che dico, ma le elezioni non cambieranno nulla. Di certo non accadrà più che non dormirò per andare a votare, non avró più quell’adrenalina che avevo in passato”.


Da quando non segue più con assiduità la politica?
“Le ultime elezioni in cui fui relativamente coinvolto furono quelle di Bersani segretario del Pd”.


Cosa ha causato la degenerazione che lei inquadra nel sistema politico attuale?
“Il populismo becero, spicciolo e di pancia che ha dato vita alla riduzione del numero dei parlamentari ha generato un disastro. Non c’è più un Parlamentare che rappresenta un territorio, una classe, un’identità. I parlamentari del Pci e dei Ds il lunedì stavano in federazione, nel fine settimana giravano come trottole tutti i comuni della provincia o del collegio in cui erano stati eletti, ed erano a Roma dal martedì al giovedì. Sul territorio dovevano lavorare alacremente, oggi non è più così”.

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