Graziella Corbo: “Vi apro le porte del mio reparto di Terapia Intensiva Neonatale”

0
1504

Il direttore del reparto eccellenza dell’azienda ospedaliera salernitana: “Con il Covid abbiamo garantito percorsi in sicurezza per tutelare tutti: la nostra è una missione sociale quotidiana”

Tutto nasce da una storia. Un inizio ed una fine e in mezzo anelli di una catena stretti tra di loro. Nella storia di un bambino appena nato spesso uno dei “primi anelli” è difettoso. E quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare…Scende in campo così la Terapia Intensiva Neonatale che tutela, protegge, cura nelle “sue” culle magiche neonati, ma anche le famiglie, mamme e papà. La dottoressa Graziella Corbo (direttore reparto Tin al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona) apre così le porte del suo mondo.

Cos’è – dottoressa – la Tin?

“La Terapia Intensiva Neonatale è il reparto che assiste neonati che richiedono cure intensive per poter sopravvivere fuori dell’utero materno. Esse sono cure di supporto alle funzioni vitali respiratorie ed emodinamiche, richiedono procedure invasive ed impiegano tecnologie avanzate sia in fase terapeutica che diagnostica in modalità bedside e “point of care”. Il Reparto di Terapia Intensiva, secondo le norme che disciplinano la classificazione degli Ospedali, è istituito in un DEA assistenziale di 2° livello per la necessità di usufruire di servizi di supporto altamente specializzati, presenti nel nostro ospedale. Le cure dell’epoca neonatale sono rivolte unicamente al bambino nei suoi primi 30 giorni di vita e la Neonatologia è la subspecializzazione della pediatria dedicata a questa fase della vita. Il neonato ricoverato in TIN in condizioni critiche appartiene a diverse categorie: peso alla nascita inferiore a 1500 grammi, età gestazionale inferiore a 32 settimane, insufficienza respiratoria, patologia chirurgica, malformazioni gravi a carico del cuore, rene; patologie genetiche, asfissia perinatale. I neonati ammessi in TIN richiedono assistenza respiratoria invasiva e non invasiva, monitoraggio continuo della funzione respiratoria ed emodinamica, del grado di ossigenazione ematica; richiedono terapie antibiotiche, frequenti trasfusioni di emoderivati, nutrizione parenterale e artificiale da sondini. Il Neonatologo condivide l’evento della nascita con l’ostetrico ed assiste tutte le nascite. In urgenza danno assistenza alla gravida e al neonato entro un brevissimo lasso di tempo dalla decisione ostetrica ed è in grado di identificare il rischio neonatale precocemente, gestire complicanze inattese, sostenere le funzioni vitali del neonato”.

Come è strutturato al Ruggi il reparto che accoglie tanti neonati e li accompagna e aiuta nella crescita ma soprattutto nella sopravvivenza?

“Le cure neonatali sono distribuite secondo 3 livelli in continuità e progressione crescente di complessità: cure al neonato fisiologico al rooming in, cure semintensive al neonato in Patologia Neonatale, cure al neonato critico in TIN. L’attività assistenziale della U.O.C Neo-natologia-TIN si integra con il coerente livello ostetrico di “Gravidanza a rischio” e con il Servizio di Trasporto di Emergenza Neonatale della Regione Campania sia in entrata che in uscita. Il neonato prematuro ricoverato in TIN presenta frequentemente problemi clinici: asfissia perinatale, difficoltà nella termoregolazione, insufficienza respiratoria dal grado lieve a quello severo, difficoltà nell’alimentazione, infezioni, retinopatia del prematuro, convulsioni, anemia, emorragie cerebrali con possibili sequele e richiede sostegno delle funzioni vitali. Il neonato ricoverato in Patologia Neonatale ha una sufficiente autonomia respiratoria, spesso ha un ritardo di crescita di vario grado o di converso ha un peso neonatale eccessivo per l’età gestazionale, ha disturbi dell’omeostasi glicemica, la gravidanza è stata complicata da infezioni perinatali, può avere malformazioni somatiche o di organi compatibili con la vita, può essere affetto da iperbilirubinemia patologica, essere anemico, richiedere osservazione per condizioni materne sospette o semplicemente per gravidanza trascurata. Le cure rivolte al neonato fisiologico sono assicurate nell’area del rooming in, prossima al Reparto di Ostetricia e al blocco parto. Il neonato fin dai primi istanti può stare vicino alla madre per tutte le ore della giornata, avere tutta la sua attenzione e le sue cure, attaccarsi al seno e favorire la fisiologia dell’allattamento naturale, la relazione primaria di attaccamento madre-bambino ha la migliore opportunità per emergere ed evolvere, sostenuta dalle naturali capacità genitoriali materne, in un contesto protetto dove dubbi, paure, domande trovano risposte nelle abilità professionali delle ostetriche e degli operatori del Nido. Il neonato fisiologico ha bisogni sociali e di accudimento prevalenti su quelli sanitari, ma la degenza in un contesto adeguato consente di identificare condizioni patologiche inattese ad insorgenza precoce, mute alla diagnostica prenatale”.

Con voi, anche i genitori provano a tracciare i passi di un percorso che porta poi ad un nucleo familiare, quanto è importante in questo caso il ruolo dei medici, infermieri e a volte anche psicologici per affrontare una grande sfida, che va dalla prematurità di un bimbo alle conseguenza a volte gravi di un parto?

“I bisogni sanitari del neonato critico permangono oltre la dimissione dal reparto e il ricorso a cure mediche è notevole, persistente nel tempo con grandi costi sanitari, sociali e assistenziali, elevato disagio familiare. La nascita prematura si pone al centro del triangolo relazionale dell’area della rianimazione neonatale, costituito dal neonato-paziente, dall’equipe curante e dalla famiglia con grande impatto su tutti questi protagonisti. Le problematiche mediche della sopravvivenza, i precoci interventi invasivi, l’incertezza della prognosi sono fattori di grande sovraccarico emotivo per i genitori e il personale di cura. Per queste ragioni in Tin si è fatta strada un modello di cure che include questa dimensione e integra le cure basate su competenze mediche con le competenze psicologiche-relazionali, a supporto dei genitori e degli operatori sia nel corso del ricovero che nella fase successiva alla dimissione dal reparto. La nascita di un bambino prematuro o critico determina nei genitori una successione di reazioni emotive dallo choc, al rifiuto, alla rabbia prima di accettare un bambino tanto diverso da quello che essi avevano immaginato e sognato: bello, perfetto, trainante di gioia e felicità familiare. Si chiedono perchè sia accaduto, vogliono la cura, conoscere la prognosi. Il Neonatologo vive queste fasi e comunica le variazioni cliniche, l’incertezza della diagnosi e della prognosi ai genitori del bambino che maturano la consapevolezza delle loro capacità genitoriali in una situazione molto perturbata e stressante, sospesi tra speranza e incertezza del futuro del loro bambino e di sé. Si è passati dalla “cure” alla “care” cioè ad un percorso di assistenza in cui la cura dei genitori è riconosciuto un fattore importante nell’influenzare la migliore relazione di attaccamento al proprio bambino. Il neonato mentre è in terapia intensiva procede nella maturazione dei suoi organi e soprattutto del Sistema nervoso centrale e neurosensoriale, facendo tesoro di stimoli sensoriali provenienti dall’esterno. Tra questi ci sono la voce, le carezze, i sospiri della sua mamma e del suo papà. “Genitori a metà” come ha ben descritto nel suo libro Matilde Pisaturo, la madre di Viola, nata prematura. La Neonatologia va a braccetto con la Medicina Narrativa come strumento di cura e sollievo dallo stress di un’esperienza emotiva traumatica e con l’epigenetica. Il danno neurologico precoce provocato dalla intempestiva nascita è incrementato dallo stress della precoce esposizione alla vita extrauterina, nell’ambiente della TIN, frenetico e iperattivo, con il carico delle esperienze di dolore dovute alle procedure invasive, della luce intensa e continua dei suoni degli allarmi, dei rumori di fondo di incubatrici e respiratori, distribuiti lungo le ore di tutta la giornata, per molti giorni, per molte settimane. Tutto ciò avviene a carico di un organismo biologico con un assetto neurovegetativo in via di maturazione e stabilizzazione. Questo ha un costo in termini di qualità dello sviluppo neurologico valutato nel lungo termine in studi di follow up. Alla luce di questi dati si comprende come i genitori insieme agli operatori sono parte di un progetto di cura che richiede di essere molto potenziato e sostenuto da figure professionali, quali lo psicologo”.

Cosa si prova dall’altro lato quando si riesce nell’obiettivo e quando invece no? Le è mai capitato di dover lasciare andare qualcuno dei piccolini?

“Il profilo psichico del Neonatologo rianimatore è molto particolare, è adrenalinico, si adopera con estrema concentrazione ad allontanare il nemico che è la perdita del suo paziente. Scruta attentamente il campo di azione, coglie impercettibili variazioni dell’oggetto delle sue cure, modifica terapie con tempestività, è veloce se opera individualmente, è lento nell’attesa dei risultati e nell’operare in gruppo. L’obiettivo è duplice: garantire la sopravvivenza del piccolo paziente e assicurare al meglio gli interventi assistenziali. Quando il primo obiettivo non è ottenuto resta la consapevolezza di avere operato con rigore e appropriatezza. I neonatologi sono estremamente sensibili alla dimensione bioetica del proprio lavoro, al problema del fine vita, dell’accanimento terapeutico, dei tempi di inizio e di sospensione delle cure. E’ il bambino che ci lascia, non l’inverso. Quando accade si percepisce l’urgenza di verificare le cure, dirimere dubbi, accettare anche una quota obbligata di incertezza connaturata al campo di azione. Di tutto ciò è resa partecipe la famiglia attraverso una comunicazione ispirata all’empatia, all’ascolto, ad accogliere domande e dubbi a cercare di descrivere l’orizzonte della vita del loro bambino”.

Cosa ricorda – invece – con piacere della sua vita professionale e come direttore della Tin e cosa invece no? Questi piccoli guerrieri le entrano tutti nel cuore immagino e fanno dimenticare anche la stanchezza forse…

“La mia vita professionale si è svolta nel Reparto di Neonatologia e Tin del Ruggi, con esperienze formative nazionali e all’estero. La mia esperienza la descrivo come svolta in provincia ma assolutamente non provinciale e lo stesso vale per tutta la “mia” squadra. Solidamente ancorati al proprio contesto di cui conosciamo tutti i dettagli ma con uno sguardo visionario rivolto a realtà assistenziali più avanzate nazionali e internazionali ad un patrimonio scientifico che valica confini, al quale siamo attaccati e da cui prendiamo ispirazione. Da una visionaria ispirazione, d’altra parte, è sorto questo reparto 40 anni fa. Una vera innovazione per la realtà ospedaliera locale immaginare cure avanzate e specifiche per il neonato. Un reparto costruito da generazioni illustri di medici, di primari, di infermiere e caposala, che hanno lasciato tracce importanti nella mia formazione, come un camminare sulle spalle forti di chi ci ha preceduto. Credo che la percezione della continuità con le generazioni precedenti e con la loro opera, aperta però al futuro dei cambiamenti tecnologici e di nuovi modelli di assistenza, è ciò che mi rende felice”.

C’è qualcosa che cambierebbe nel “suo” reparto? Necessita ancora di qualcosa per poter eccellere? Nonostante un’eccellenza del Ruggi lo sia già…

“La nostra Tin ha cercato e ottenuto cambiamenti ed obiettivi assistenziali positivi. Oggi condivide tutte le problematiche della sanità e della società del Mezzogiorno. Un reparto dove nascono i bambini è un privilegiato punto di osservazione dei mutamenti sociali e individuali. Esso intercetta la povertà delle famiglie, il disagio economico, la precarietà, le problematiche dei migranti, le devianze, cioè i determinanti sociali che insieme a quelli biologici sono i fattori della salute. Soprattutto intercetta come i bambini fin dalla nascita sono le vittime della diseguaglianza. La diseguaglianza rende i bambini poveri, peggiora le loro condizioni di salute, li espone alla malnutrizione o alla cattiva nutrizione, alla povertà educativa, al disagio psichico. Nel Sud la mortalità infantile è superiore a quella delle Regioni del Centro e del Nord. Questo si riflette sulla mortalità neonatale che rappresenta il 70% della mortalità infantile. La prematurità è fortemente correlata, in tutte le statistiche, a condizioni di basso stato socio-economico, famiglie uniparentali, giovane età, etnia straniera. Quindi io sogno nel futuro una Tin potenziata nel parco tecnologico, moderna nel decoro, arricchito di figure professionali quali lo psicologo di reparto, capaci di sostenere il progetto di integrazione delle dimensioni relazionali e terapeutica medica, aperto alle famiglie tutta la giornata, in dialogo continuo e virtuoso con infermiere e dei neonatologi. Immagino anche che i bambini dimessi dal reparto possano usufruire di un servizio di follow up che li prenda in carico dopo la dimissione. Immagino che possano fare tutti i loro controlli specialistici senza migrare in altre regioni e che in prossimità trovino la risposta ai loro bisogni. Che le loro famiglie con fattori di rischio sociale siano sostenute e aiutate a superare le condizioni di fragilità che indeboliscono le competenze genitoriali. In tutto questo c’è un mondo più solidale e più ricco di opportunità per tutti”.

Covid, gravidanze e neonati: come è stato gestito il tutto all’interno della Tin e il perché di determinate scelte e regole ovviamente a tutela dei più piccoli, così fragili e indifesi?

“Il Covid ha modificato profondamente l’assetto assistenziale complessivo soprattutto nella prima fase quando non era ben nota la causa, non prevedibile l’evoluzione, non noto l’andamento dell’infezione nell’epoca perinatale, per la gestante e il neonato. Le società scientifiche internazionali hanno dato indicazioni che sono state recepite e che hanno ispirato un modello molto protettivo per neonati e personale di cura rispetto alla possibile trasmissione del virus. Le misure hanno seguito l’andamento epidemiologico con restrizioni iniziali che sono poi state progressivamente allentate fino al ripristino del modello organizzativo antecedente la pandemia. I genitori – nella fase iniziale – hanno avuto la possibilità da parte del Servizio di Sorveglianza Sanitaria dell’Ospedale di essere sottoposti a tamponi, essere quindi identificati nel loro stato rispetto al Covid ed essere ammessi in sicurezza a visita dei propri bambini. I percorsi per l’allattamento delle madri ricoverate sono stati differenziati rispetto a quelli delle madri dimesse ma con bambini ancora degenti. Gli operatori di reparto dei vari profili professionali hanno aderito all’unanimità alla campagna vaccinale. Questo pacchetto di misure nel corso di tutta la pandemia, a tutt’oggi, ha preservato tutto il personale e i pazienti da contagi intraospedalieri e trasmissione del virus. Pertanto il reparto si è confrontato con il virus solo nel caso di neonato sospetto figlio di madre sospetta o affetta da Covid, posto in isolamento precauzionale fino all’esclusione della malattia. La minore flessibilità nell’accesso al reparto è stata compensata dalla possibilità offerta ai genitori di fare videochiamate e di acquisire informazioni frequentemente per via telefonica. Oggi la situazione è ritornata pressoché alla normalità avendo integrato tutte le misure precauzionali di tracciamento e di identificazione nella routine quotidiana di reparto”.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here