Igor, quel gol contro l’Ascoli è ancora impresso nelle menti della tifoseria granata, sarebbe stato il gol dell’insperata salvezza… Poi, i tribunali hanno emesso un verdetto diverso…
«È un onore per me poter parlare della Salernitana, ho il cavalluccio tatuato sulla pelle. Arrivai a Salerno nel lontano 2004, il clima ad inizio stagione non era dei più tranquilli… Poi, per fortuna, qualcosa cambiò».
Quale fu la svolta?
«Sicuramente il cambio di allenatore, Gregucci diede la scossa ad un gruppo con il morale sotto i piedi. Imborgia, inoltre, portò a Salerno giocatori dalla comprovata esperienza. Arrivarono i primi successi e la situazione si ristabilì. Sono convinto che l’anno dopo, con due tre innesti, la Salernitana avrebbe recitato un ruolo da protagonista».
Il gol con l’Ascoli ti ha reso l’idea di quanto possa essere decisivo il dodicesimo uomo…
«Salerno è una piazza incredibile, nel bene e nel male. I supporters facevano sempre sentire il calore e la pressione, non ci lasciavano mai da soli. Penso che una piazza del genere sia invidiata in Italia e non solo. Contro l’Ascoli ebbi la pelle d’oca, furono i trentamila a buttare la palla dentro. Fu il gol della salvezza, prima che il verdetto venisse rovesciato dalle aule dei tribunali».
Ti interessi ancora delle vicende che ruotano attorno al mondo granata?
«Certamente, è la prima squadra della quale cerco di seguire l’andamento quando gioca. Conosco mister Colantuono, me lo sono trovato contro diverse volte e posso dire che è un allenatore di esperienza, possiede un curriculum importante. È un sanguigno, piazza più azzeccata di Salerno, per le sue caratteristiche, non poteva scegliere. La Salernitana non deve porsi obiettivi ma giocare partita dopo partita. Mi dispiace non essere più venuto all’Arechi, prossimamente spero di poter sedere su quei gradoni insieme ai tifosi. Magari proprio all’ultima giornata quando potrebbe concretizzarsi il sogno».