Il Passaporto vaccinale

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di Emanuela Sergio

Mentre la pandemia Covid-19 perdura ed ancora oggi non si riesce ad intravedere il periodo in cui si uscirà da questo tunnel che ci ha inglobato tutti, il fervente desiderio di tornare alla normalità, anche in previsione della prossima stagione estiva, non si riesce più a contenere.

Abbiamo bisogno di riprenderci la nostra vita, i nostri svaghi, i nostri spostamenti, e le nostre vacanze.

L’intensa campagna vaccinale intrapresa da tutti i paesi ha acceso le discussioni sui “passaporti vaccinali” – certificazioni di vaccinazione che riducono le restrizioni di salute pubblica per chi ne è in possesso.

L’Unione Europea, il governo americano e britannico stanno attualmente valutando la loro fattibilità; Australia, Danimarca e Svezia si sono già impegnate nell’attuazione; e Israele, che è leader mondiale nella vaccinazione pro capite, sta già emettendo “pass verdi” ai residenti vaccinati.

Sebbene la possibilità di viaggiare sia stata fino ad oggi l’obiettivo principale del passaporto vaccinale, un certo uso degli stessi per regolare l’accesso a riunioni sociali e ricreative, ai luoghi di lavoro o alle scuole sembrerebbe una soluzione fattibile; I pass verdi di Israele, ad esempio, consentono l’ingresso a siti che sarebbero altrimenti limitati come hotel, palestre, ristoranti, teatri e luoghi di musica.

La logica principale di questi passaporti è che le restrizioni alla salute pubblica che limitano le libertà e le attività di valore sociale dovrebbero essere adattate al rischio di diffusione del virus, che con la vaccinazione è nettamente inferiore.

L’utilizzo dei passaporti del vaccino Covid-19 per personalizzare le restrizioni, tuttavia, ha attirato una ferma opposizione basata su diverse preoccupazioni. In primo luogo, siccome l’offerta di vaccini è tuttora limitata, privilegiare le persone che hanno la fortuna di aver ottenuto, a volte anche fraudolentemente, un accesso anticipato è moralmente discutibile. In secondo luogo, l’entità della protezione conferita dalla vaccinazione, in particolare contro le nuove varianti, non è ancora ben compresa, né lo è il potenziale di trasmissione virale da parte delle persone che sono state vaccinate. Terzo, privilegiare i vaccinati penalizzerebbe i No Vax.

C’è anche da dire che il sistema del certificato verde digitale è una misura temporanea e verrà sospeso una volta che l’OMS dichiarerà la fine dell’emergenza sanitaria internazionale COVID-19.

Sicuramente, nell’attesa della fine dell’emergenza di cui ancora oggi non si riesce a intravederne la data presunta, se l’alternativa rimane quella di continuare con le nostre variopinte restrizioni regionali (rosso/arancione/giallo e chi ne ha più ne metta), la soluzione della certificazione vaccinale sembrerebbe quella che più di tutte potrebbe consentire una ripresa sociale ed economica del nostro paese.

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