«La Sanginella? Non solo uva da tavola. Ecco i suoi mille utilizzi»

di Giovanna Naddeo

E’ nel cuore di Ogliara, quartiere collinare dallo splendido affaccio sul golfo di Salerno, che la tradizione della Sanginella continua il suo antico percorso. A portarlo avanti, il viticoltore Maurizio Prisco di “Rosso Beneficio”, azienda agricola a conduzione familiare e dedita alla produzione di rossi come Aglianico e Montepulciano, nonché di golose leccornie a base proprio di Sanginella.

Come è nata l’idea di recuperare quest’antica varietà di uva?

«Tutto è iniziato nel 2001 con il recupero di alcuni vitigni autoctoni nell’antico fondo di famiglia. La sanginella è molto fragile e delicata, di conseguenza meno resistente, rispetto ad altre varietà d’uva, all’attacco di peronospora e oidio. Successivamente, insieme a un altro amico appassionato di viticoltura, Enzo Galdi (vicedirettore Coldiretti Salerno, ndr), decidemmo di avviare un percorso di sperimentazione per migliorarne le capacità produttive. Grazie ad alcuni innesti e a un lavoro di ricerca in collaborazione con il dipartimento di scienze agrarie dell’Università “Federico II” di Napoli, siamo riusciti a ottenere un grappolo più diramato».

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Quali sono i maggiori utilizzi di uva sanginella nel nostro territorio?

«Escludiamo subito la vinificazione. La sanginella è un’uva da tavola, particolarmente apprezzata dai salernitani durante la festività di San Matteo. La nostra azienda, rimasta l’unica produttrice nella zona collinare della città, ha avviato da alcuni anni un processo di lavorazione per consentirne l’utilizzo nel settore delle distillerie e dolciario. Lo scorso anno i nostri chicchi d’uva hanno impreziosito il panettone ideato dal titolare di “Botteghelle 65”, Pino Adinolfi, e dedicato al Santo Patrono. Ci piace sperimentare e per questo motivo organizziamo degustazioni a base di uva sanginella presso le nostre cantine. Tra le leccornie più apprezzate, la gelatina di sanginella spalmata sui formaggi caseari e i barattolini di chicchi d’uva».

Dunque, non solo vendemmia e imbottigliamento, bensì un’interessante opportunità di variazione della produzione. Ma i giovani ne sono attratti?

«Poco. La viticoltura richiede molto tempo (dai cinque ai sette anni perché la prima bottiglia veda la luce). Molti preferiscono investire nella quarta gamma per un riscontro immediato. In passato, il tratto da Ogliara a Fratte era ricco di terreni coltivati. Oggi gli stessi terreni sono stati abbandonati. Occorrerebbe incentivare la produzione con misure al fianco dei giovani e delle nuove idee. Il vero motore trainante di un Paese è la sua produzione».

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