L’assoluta fedeltà dei cavesi

di Michele Massa

In data 4 settembre del 1460 re Ferrante I d’Aragona, in seguito ai “guasti” patiti e autoinflitti nell’agosto dello stesso anno, elargì ai cittadini della Città della Cava (il titolo di Città era stato attribuito da una bolla in data 7 agosto 1394 da papa Bonifacio IX) una “pergamena in bianco” per premiarli della assoluta fedeltà mostrata.
Sopra tale pergamena i cittadini cavesi avrebbero potuto scrivere qualsiasi richiesta che sarebbe stata prontamente accettata dal sovrano. Il 22 settembre il documento in bianco era rimasto tale; per questo motivo sua maestà concesse una serie di benefici e un arricchimento al semplice stemma cittadino. In varie copie dei privilegi del ‘500/’600 (quelli del ‘500 vennero confermati anche dall’ imperatore Carlo V) conservati alla biblioteca comunale di Cava de’ Tirreni (quello originale di cui si tratta è andato perduto o trafugato) si ritrova quello del 22 settembre 1460.
Nel testo, completamente in latino, si legge: “Ferdinandus Dei Gratia Rex Sicilia Hierusalem” (e altri titoli) concede agli uomini della Cava, per mano dei giudici “Cola longo, Bernardo Quaranta, Leoneto de Curti” e ancora “Thomasio Galliardo, Petrillo de Moneca, et Perosino de Jordano”, spontaneamente e per sua volontà, per la profonda e illibata fedeltà (si riportano anche in questo privilegio, come per la lettera del 4 settembre dello stesso anno, le motivazioni dell’assegnazione dello stesso: i danni, le incursioni nemiche, le agrorumque incendia, etc), in “arma ipsuis civitatis Cave depingere seu sculpire, a parte dextera duas barras auream et rubeam domus nra (nostra) regia Aragonie, nec non et super scutum Coronam nram (nostram) Regiam” e cioè: sullo stemma della città di Cava dipingere oppure scolpire sulla parte destra due barre oro e rossa della nostra casa Regia d’Aragona, così come sopra lo scudo la nostra corona Regia.
Il testo prosegue: gli uomini di Cava siano esenti, franchi, liberi e immuni in tutto il Regno dal pagamento di gabelle, dazi, tasse di passaggio e altre spese per il commercio (sia nel vendere che nell’acquistare). Continuando nella lettura si ritrovano altri doni come l’incorporamento della dogana di Vietri, prima facente parte della dogana di Salerno, alla Università della Cava. Il documento, cospicuo di privilegi, veniva consegnato, con il sigillo pendente di sua maestà (probabilmente come quello della “pergamena in bianco”) in Castel Nuovo (il Maschio Angioino) a Napoli, il giorno 22 settembre, nona indizione, nell’anno del Signore 1460.
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