Novelli: «Investire sulla Primavera»

di Matteo Maiorano

Salerno e la Salernitana. Il legame con squadra e territorio è fortissimo da parte di Raffaele Novelli. Il tecnico fu alla guida della Salernitana dei salernitani targata 2006/2007, la quale non riuscì a centrare la qualificazione in B ma gettò basi importanti per la costruzione di una forte identità che avrebbe garantito il successo partendo dalle radici. Novelli analizza quell’annata, soffermando la sua attenzione sull’importanza del settore giovanile, oggi messo un po’ da parte dalle società di calcio.

Sedere sulla panchina dell’Arechi ha arricchito il bagaglio tecnico di Novelli…

«E’ stata una grandissima esperienza sia sotto il profilo umano che professionale. Allenare a Salerno era per me un sogno. Non mi sono mai sentito coinvolto dalle tensioni che aleggiavano in quella stagione, portavo nello spogliatoio la carica emotiva proveniente dalla tifoseria».

Perché è terminata l’avventura di Novelli a Salerno?

«Il mio esonero è da ricondurre non ai progetti o ai risultati. Le strategie societarie cambiarono, il tempo ha poi confermato le mie sensazioni. Non erano legate all’aspetto calcistico ma a situazioni che erano diverse. Il percorso intrapreso ha poi portato al fallimento. Per vincere bisogna costruire in determinati modi, la società aveva investito 8-10 milioni l’anno precedente ma non era riuscita a creare un patrimonio attorno all’ambiente, non ha legato il proprio nome alle strutture. Gettare le basi non significa vincere sul campo ma farlo a 360 negli ambiti che coinvolgono l’ambiente del calcio. A Salerno nel 2006 c’erano gruppi di azionisti che volevano subentrare e che poi hanno cambiato tutto lo staff. Sono capitato in un momento storico in cui vi era in corso una ristrutturazione societaria. Costruimmo una rosa competitiva con 1 milione e 750 mila euro: nonostante non ottenemmo la qualificazione nella griglia play-off ,si stava costruendo un parco giocatori importante, facendo della salernitanità il perno portante del progetto, dove era forte il senso d’appartenenza, la maglia era un valore».

Alcuni principi nel pallone sembrano estinti…

«Questo perché il denaro è diventato fondamentale per ogni movimento, è entrato troppo nella natura di questo sport. Quando un calciatore sigla un contratto con una società, questa dovrebbe fornirgli un manuale della storia calcistica del club. Bisogna comprendere che il patrimonio calcistico appartiene alla città e va rappresentato in modo dignitoso. E’ un aspetto fondamentale».

Novelli ha allenato la formazione Under 19 del Genoa: quanto è importante avere una base di giovani importante da lanciare in prima squadra?

«Questo era il progetto della Salernitana nel 2006: incentrare il club su quello che era l’ossigeno, la vita di un club, il suo futuro. L’allenatore ha il dovere di far sbocciare quanto seminato nelle categorie sottostanti la prima squadra. Prima c’era maggiore interesse attorno a quanto facevano i più giovani».

La Salernitana di oggi secondo lei sta dando il giusto risalto al settore giovanile?

«Non vedo un progetto che si identifichi in un qualcosa. Credo non ci sia un’idea in questo senso, si cerca nell’immediato il giocatore».

Che idea ha maturato Novelli della Salernitana di Lotito e Mezzaroma?

«Non so quali siano gli obiettivi dei granata ma la rosa è competitiva. Arriverà fino in fondo e la società sta migliorando sotto il profilo della continuità. Vanno coltivati i progetti complessivi che ruotano al discorso legato alla massima serie».

Ha da poco concluso l’esperienza al Pau, sodalizio della terza serie francese…

«Ho chiuso il contratto qualche giorno fa, di comune accordo con la società. E’ stata un’ottima esperienza, ho conosciuto una realtà diversa, un calcio libero sotto tanti aspetti, c’è tanta organizzazione e stabilità economica. Questi sono fattori che incidono nella crescita calcistica. In Francia i calciatori non simulano quasi mai, il tempo di gara è effettivo».

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