Scuola, siamo al giro di boa

di Rosanna Di Giaimo

Siamo al giro di boa. La scuola, in Campania, riaprirà gradualmente le porte dall’11 al 25 gennaio con la rassicurazione che i mezzi di trasporto sono stati potenziati, che lo scaglionamento degli orari di ingresso degli studenti, dalle 8 alle 10, eviterà assembramenti sui mezzi pubblici stessi, nelle strade, dinnanzi ai cancelli delle scuole. Sono misure necessarie ma ogni soluzione è una misura emergenziale. Non è trascorso nemmeno un anno dal DPCM del 4 marzo. Eppure è sembrato un tempo infinito. Un tempo bergsoniano scandito da provvedimenti legislativi che ogni volta ci hanno proiettato in dimensioni mai vissute prima. Eppure, nonostante l’iniziale disorientamento, all’indomani di quel Decreto, le scuole campane hanno attivato la Didattica a distanza, già sperimentata in alcune realtà, assolutamente inedita in altre. E tra criticità di varia natura (pochi supporti informatici a disposizione degli alunni, rete internet inadeguata anche in conseguenza della condivisione della banda con conviventi in smart working o in dad), la relazione tra discente e docente non si è mai interrotta e, in una sorta di solidarietà collettiva di categoria, il lavoro ha proseguito il suo cammino salvaguardando tutti gli aspetti didattici, dalla lezione alla verifica, alla valutazione, ai momenti assembleari degli organi collegiali. E non solo. Sono state sperimentate nuove metodologie che restano nel patrimonio di competenze di tutto il mondo scuola attraverso giornate di formazione per insegnanti e alunni, indirizzate a promuovere un uso consapevole delle piattaforme informatiche. Il Ministero, dal canto suo, ha stanziato discrete risorse volte alla risoluzione, seppur parziale, di molte urgenze: edilizia leggera per l’adeguamento degli spazi degli edifici al necessario distanziamento, banchi monoposto, notebook, potenziamento della rete. A settembre, dopo un lavoro estivo senza sosta di dirigenti, docenti, personale ata, ingegneri responsabili del servizio di protezione e prevenzione, gli istituti hanno risposto all’appello, pronti a riprendere la didattica in presenza, dopo aver fatto i conti con i propri spazi. Anche in questo caso, diverse sono state le modalità di approccio ad un modo di vivere la scuola sicuramente nuovo: didattica in presenza al 100%, al 50%, didattica mista. Nello scorso mese di novembre anche i principali operatori di telefonia mobile, sollecitati dal Ministero dell’Istruzione, hanno agevolato la didattica da remoto escludendo le piattaforme di didattica a distanza dal consumo di gigabyte previsto negli abbonamenti. Un bell’esempio di solidarietà in cui pubblico e privato mettono insieme le loro energie nell’interesse della collettività. Non si può non riconoscere che tanto è stato fatto. Tuttavia non è una favola. Le esperienze sono diversificate per fasce di età e per indirizzi scolastici. Certamente è costato molto alle famiglie affiancare i bambini della scuola primaria nello svolgimento di quelle attività affidate solo agli insegnanti. Così come è stato problematico negli istituti professionali curare le attività di laboratorio o nei licei musicali studiare lo strumento a distanza. E ancor più inquietante è il dato relativo alle tante realtà rimaste fuori per problemi irrisolti di collegamento alle piattaforme. Sono da accogliere, quindi, con serietà le tante lagnanze che provengono da allievi, genitori e professori. Ma, come sempre, in medio stat virtus! La pandemia è altrettanto seria e il numero delle vittime da Covid-19 non è una invenzione.

Ora siamo al giro di boa, si diceva. Le nuove misure sono pronte ma ogni misura è emergenziale. Serve, invece, una “idea” di scuola. Una scuola non “affollata”, a dimensione di studente. Forse un passo avanti si sta facendo: la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto una novità in tema di dimensionamento scolastico. Il numero minimo di 600 studenti che le scuole devono raggiungere per avere un proprio dirigente scolastico e un direttore dei servizi generali amministrativi viene abbassato a 500. Se si riuscirà anche a ridurre il numero degli studenti per classe a 15 unità, che è anche il limite, in media, per rispettare il metro “buccale”, la qualità dell’insegnamento vedrà un evidente miglioramento e forse si potrà essere pronti a nuove emergenze che, ovviamente, non ci auguriamo!

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