Teatro e disabilità: l’arte al servizio dell’inclusione

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di Luana Izzo*

Oggi la nostra rubrica ospita Antonio Stornaiuolo (nella foto), direttore del centro di pedagogia e formazione teatrale Primomito e pedagogista. Affrontiamo con questa intervista un argomento delicato, la disabilità e il rapporto con il teatro.

Antonio, tu ti rapporti quotidianamente con la disabilità come educatore, in cosa consiste il tuo lavoro?

«L’educatore osserva, pianifica, progetta interventi educativi specifici elaborati anche in collaborazione con un’équipe multidisciplinare, utilizzando diversi strumenti e metodologie. Uno strumento importante è la relazione educativa, senza la quale è impossibile dare vita ad un cambiamento, una evoluzione. È indispensabile che si crei un sano rapporto tra l’educatore e la persona presa in carico, al fine di attuare in modo efficace il progetto educativo che prevede la strutturazione di attività con lo scopo di favorire una condizione di benessere per la persona, che tenda al raggiungimento di obiettivi educativi nel tempo».

Esistono diversi tipi di disabilità, quali sono i bisogni e gli obiettivi specifici?

«La disabilità può essere fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva. L’obiettivo delle attività educative e riabilitative è di raggiungere il grado possibile di autonomia, di compensare le abilità compromesse, contenere i deficit. Naturalmente la presa in carico della persona è globale. L’educatore deve rispondere ai bisogni, creando uno spazio laboratoriale finalizzato a stimolare la relazione, la creatività, l’autonomia, la spontaneità. Le proposte vengono progettate, monitorate e verificate nel tempo al fine di valutare la qualità dell’intervento. La relazione educativa diventa l’occasione importante per dare vita al processo di apprendimento. Le aree coinvolte sono: cognitiva, motoria, relazionale, sociale, percettiva».

Il teatro è uno strumento valido per lavorare con i disabili?

«Il teatro è un ottimo strumento educativo, ma anche riabilitativo. Oggi viene ancora utilizzato molto poco, perché molti colleghi vedono il laboratorio teatrale come semplice momento legato alla recitazione, quando poi è evidente che non è così. Pochi sono i riferimenti bibliografici che spingono ad utilizzare questo strumento nella relazione educativa. Il teatro, in particolare il laboratorio teatrale, dà vita ad uno spazio pedagogico naturale, dove il corpo, la mente, le emozioni entrano in campo. Non stanca, perché porta con sé la leggerezza del gioco. Il teatro mette in luce le abilità, è un mezzo di espressione e scoperta, accompagna i singoli individui ad una maggiore conoscenza e consapevolezza delle proprie potenzialità. Poi c’è un altro aspetto importante, l’attività teatrale conduce verso un’apertura, crea un ponte con il mondo».

Quali sono i benefici del teatro e gli obiettivi specifici in questi casi?

«Gli obiettivi sono tanti. Inizierei col definirlo un “efficace strumento di integrazione”. Il teatro stimola la relazione, dà la possibilità di esprimersi sia con la voce, sia con il corpo. Un gesto può raccontare tantissimo. Permette di entrare in contatto con gli altri, senza barriere, senza sentirsi diversi. Il contatto diventa un momento di crescita reciproca attraverso la mediazione artistica. Il rapporto tra le diverse abilità con il teatro è disarmante, ed è straordinario vedere come emergono talenti e capacità espressive. Tecnicamente direi che un laboratorio teatrale è sinonimo di didattica sperimentale, più che speciale. Gli incontri, gli esercizi, le prove stimolano le diverse aree della persona, da quella cognitiva a quella motoria, da quella emotiva a quella relazionale».

In definitiva possiamo affermare che il teatro sia uno strumento efficiente ed efficace nel tuo lavoro?

«Il teatro permettere di attuare una “pedagogia differenziata” capace di interpretare la singola realtà, la singola persona con tutti i punti di forza e i punti di debolezza. Il laboratorio teatrale è “accoglienza”, elimina tutte le barriere: uno spazio dove la persona con disabilità può confrontarsi con una persona normodotata, ed è il teatro ad adeguarsi alle diverse esigenze. Possono recitare insieme, e la cosa che mi viene in mente è la bellezza nel vedere che su di un palco non ci sono differenze, tutti sono protagonisti con abilità diverse».

*Officina teatrale Primomito

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