TRUMP GO HOME

di Walter Di Munzio*

Era ora. Trump andrà a casa. Come inneggiano migliaia di sostenitori in USA e come è scritto sui cartelli che la folla brandisce. È quasi finita la lunga battaglia elettorale per la nomina del nuovo Presidente. Iter che si concluderà definitivamente solo dopo l’esito dei numerosi ricorsi intentati dal presidente uscente che resiste barricato nella Casa Bianca. Bisognerà forse ricorrere allo sgombero forzato se continua così. A gennaio si insedieranno Biden e la sua vice. Speriamo che si aprirà finalmente una nuova fase della vita di quel paese la cui democrazia continua a manifestare preoccupanti crepe nella tenuta democratica; un paese che nel corso di questa sciagurata presidenza ha visto efferati omicidi da parte delle forze di polizia di cittadini di colore e l’imperversare di gruppi fascisti, di negazionisti, di suprematisti bianchi che hanno tentato di riportare indietro di decenni il precario equilibrio americano sui temi della tolleranza razziale e dei diritti umani e civili. Ricordiamo il boicottaggio attivo fatto ai trattati sul disarmo atomico e sul clima che Obama aveva faticosamente avviato in un paese in cui le lobby delle armi e delle assicurazioni sanitarie sono straordinariamente potenti e influenti sulle politiche del paese. Speriamo che la presenza di un vicepresidente di colore, donna e protagonista di una stagione di emancipazione e difesa dei diritti delle minoranze possa influenzare positivamente le politiche di quel paese. Ricordo le mascherine esibite da Salvini con quel patetico VOTA TRUMP che, diciamolo, ha portato anche sfiga, come gran parte delle iniziative e degli slogan lanciati dal nostro capitano coraggioso … ma sempre perdente.

In Europa continuiamo a combattere una dura battaglia contro il virus, con esiti contrastanti e con una ripresa economica che preoccupa. Finalmente il Governo si è dotato di un sistema oggettivo di classificazione, capace di accorpare tutte le Regioni per livelli omogenei di rischio-contagio da aggiornare ogni 15 giorni. L’inserimento nella fascia scaturisce da dati aggiornati, forniti dalle stesse regioni, dall’indice di trasmissione del contagio (il famoso indice Rt) e da un panel di 21 indicatori a loro volta accorpati in 3 cluster: di Monitoraggio, di Processo e di Esito. Questi consentono, in automatico, di inserire le singole Regioni in quattro livelli che identificano una dimensione del rischio contagio che va da assente (verde) a molto alto (rosso) passando da rischio basso (giallo) e medio (arancione). L’obiettivo che si intende perseguire non è certamente quello di colorare una cartina geografica, bensì quello di differenziare le restrizioni da imporre, eliminare, nei limiti del possibile, l’arbitrio della politica locale perseguita da sindaci o presidenti di regione sulla base spesso di interessi di parte, economici o veicolati da gruppi di pressione. Bisogna garantire il massimo della cautela quando pochi si assumono la responsabilità di decidere quali e quante restrizioni imporre, nel nome della salvaguardia della salute dei cittadini, rendendole compatibili con la salute economica del paese.

Fin qui teoricamente tutto bene, ma subito iniziano i problemi sollevati da singole regioni. In Lombardia ed in Calabria si denuncia l’assegnazione in fascia rossa e, d’altro canto, in Campania si ascoltano dichiarazioni di chi afferma che preferirebbe essere inserito in fascia arancione, forse per controllare meglio i propri concittadini. Incredibile ma …. de gustibus. Ma che senso hanno queste inutili lamentazioni? Possiamo solo tentare di capire: o le drammatiche invettive lanciate a mezzo stampa erano fondate oppure erano false e inconsistenti o dettate da una esagerata (ma che fa tanta audience) aggressività verso un popolo che aveva appena votato. Significa, in sostanza, dichiarare totale sfiducia verso la popolazione amministrata. Se veramente siamo da fascia gialla, allora perché non riapriamo immediatamente le scuole e consentiamo ai nostri bambini di tornare a studiare? Sarebbe possibile per loro incontrare nuovamente i compagni, imparare dalle maestre quelle prime nozioni che peseranno poi su tutta la loro carriera scolastica, fornendo quelle nozioni culturali di base indispensabili per ottenere uno sviluppo culturale equilibrato. Perché condannare un’intera generazione ad essere più impreparata, più ignorante e destinata a perdere la competizione con i loro coetanei che vivono nei paesi vicini, dove la scuola è stata difesa come priorità assoluta. Certo correndo qualche rischio, ma assumendosi la responsabilità di elaborare e far applicare quei protocolli di sicurezza controllati pedissequamente. Perché non utilizzare quell’enorme parco di bus turistici fermi nei depositi utilizzandoli come mega-scuolabus in grado di garantire a bordo il necessario distanziamento interpersonale per accompagnare bambini e adolescenti dalle proprie abitazioni alle scuole, senza correre i rischi inevitabili nell’utilizzo di affollati e pericolosi mezzi pubblici. Una scelta di questo tipo farebbe bene al paese, farebbe bene ai ragazzi, farebbe bene all’economia, invece di disperdere risorse in carissimi e inutili ristori economici? Non ci raccontino che mancano i soldi. Penso che proprio in questa fase ne abbiamo a sufficienza e ne avremo ancora di più tra qualche mese. Nessuno in Italia o in Europa oserebbe mai contestare ad un qualsiasi amministratore di aver sforato per questi motivi i limiti di spesa per progetti se debitamente monitorati e controllati. Quando avremo finalmente abbandonata la desueta narrazione dell’andrà tutto bene, allora si comincerà a raccontare una nuova storia, più vera e adesa alla realtà, fatta di idee nuove e coraggiose. Il Foglio Salute ha recentemente pubblicato un articolo di Starace che ricorda che il virus si combatte anche con la salute mentale. È per questo motivo che, assieme ai nuovi reparti necessari per curare e gestire i casi più gravi di questa pandemia, che si finanziano per strutture e personale con fondi aggiuntivi; abbiamo bisogno di implementare anche servizi di supporto psicologico alla popolazione. Ne avremo certamente un gran bisogno nei prossimi mesi per riparare i danni di un secondo lockdown e per le restrizioni patite in questi mesi, come bisogna rafforzare i servizi per i casi di particolare criticità come oncologia e cardiologia, che danno segni evidenti di abbandono assistenziale, come accade smantellando i servizi di salute mentale. Sarebbe irresponsabile lasciare migliaia di pazienti nelle loro case senza più assistenza, senza servizi, senza contatto umano, senza nemmeno un dignitoso posto letto.

*Psichiatra e Pubblicista

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