L’Imperatore della scrittura

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di Luana Izzo*

Oggi la nostra rubrica ha il piacere e l’onore di ospitare uno scrittore brillante, giornalista attento, sceneggiatore impeccabile: Pino Imperatore.

Come nasce la sua passione per la scrittura e quando ha capito di voler diventare uno scrittore?

«Credo di aver preso questa decisione da neonato. Avevo poche ore di vita, ero nel nido della clinica dove ero venuto al mondo, e durante la visita di un’équipe medica sfilai la penna dal taschino di un pediatra. Idealmente, quella penna ce l’ho ancora. Non l’ho mai restituita e mai lo farò: mi è servita per scrivere tutto ciò che ho scritto e mi servirà per i futuri libri. È magica: il suo inchiostro è inesauribile».

Scrivere per lei è più un lavoro, un’esigenza o una passione?

«Tutte e tre le cose messe insieme: l’una non può prescindere dall’altra. È un lavoro perché la scrittura, a livelli alti, richiede impegno, sacrificio e professionalità. Un’esigenza perché scrivere è una pulsione che non riesco a controllare; anzi, non ho alcuna intenzione di controllarla. Una passione perché scrivo col cuore, cercando di essere autentico, sincero».

Come nasce un romanzo?

«Prima arriva la scintilla, l’idea, che un po’ alla volta prende forma nella mente. Con volti, nomi, luoghi, episodi concreti. Poi scatta la fase organizzativa, con l’elaborazione del piano dell’opera, e i tasselli del mosaico, cioè della storia, vanno a sistemarsi dove è necessario che stiano, seguendo una precisa logica narrativa. La stesura del testo arriva solo alla fine, quando è tutto chiaro e coerente e bisogna ricoprire lo scheletro di muscoli, organi, nervi e impulsi che consentano all’intera struttura di potersi muovere e vivere».

Fare lo scrittore le dà la possibilità di girare il mondo, incontrare persone di diverse fasce d’età. Qual è il suo rapporto con il pubblico e soprattutto con i ragazzi che tutti pensano essere lontani dalla lettura?

«Amo incontrare i miei lettori; mi diverte un sacco. Se sono giovani o giovanissimi, ancora di più. Che i ragazzi siano lontani dalla lettura è una cattiva leggenda. Conosco bambini e adolescenti che leggono più degli adulti. Se i giovani sono correttamente educati e stimolati, divorano libri a più non posso e si arricchiscono di conoscenze».

Lei ha lavorato per il teatro. Ci può parlare del suo legame con questo mondo?

«Vedere rappresentato un proprio testo è per ogni autore un’emozione unica. Quando ho osservato in carne e ossa sulla scena i protagonisti del mio romanzo “Benvenuti in casa Esposito”, ho provato una felicità immensa. Credo che le trasposizioni teatrali, cinematografiche, televisive o fumettistiche di un’opera letteraria siano, se ben realizzate, un valore aggiunto che serve ad ampliare notevolmente la platea dei fruitori». È corretto dire che un altro legame per lei fondamentale è quello con Napoli? «Correttissimo. Non riesco a immaginare la mia vita senza Napoli o lontano da Napoli».

Con il suo ultimo romanzo lei ha voluto organizzare dei tour alla scoperta di questa città. Come è nata questa idea?

«Ho aderito al progetto “Scrittori in Tour” curato dall’associazione culturale napoletana “Luna di Seta”. Con l’ausilio di guide turistiche, accompagno i lettori e i turisti sui luoghi in cui ho ambientato le vicende dei miei romanzi. Un’esperienza molto coinvolgente: le storie che ho inventato acquistano vita nei posti reali in cui le ho collocate». Tutti i romanzi sono come figli, ma ce n’è uno a cui è più legato e perché? «Sì, il romanzo “Benvenuti in casa Esposito”, che mi ha lanciato nel panorama letterario nazionale consentendomi di diffondere la mia narrazione comico-umoristica presso un pubblico molto vasto».

Per concludere, le viene in mente un aneddoto legato a uno dei suoi romanzi che vuole raccontarci?

«Poiché con le mie opere ho affrontato anche tematiche “a rischio” come la criminalità organizzata e il terrorismo, mi inteneriscono e mi commuovono, quando vado nelle scuole, le domande e le osservazioni di molti scolari e studenti, i quali mi chiedono se ho ricevuto minacce e mi esortano a fare attenzione, a badare alla mia incolumità. Lo fanno perché mi vogliono bene. Molti adulti dovrebbero prendere esempio da loro, dai ragazzi, e recuperare quell’innocenza, quel coraggio e quella voglia di stare insieme che nel mondo contemporaneo sono sempre più rari».

*Officina teatrale Primomito

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