Quella indecente radiografia

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di Walter Di Munzio*

La verità, si sa, non si presenta mai con una sola faccia. Ha sempre molti punti di vista, tutti veri. Accade così anche quando si parla di eventuali responsabilità o errori di percorso nella gestione di questa seconda ondata della pandemia. Ha ragione il ministro della Salute a continuare ad invocare rigore per implementare le azioni di contrasto alla diffusione del contagio; hanno ragione i commercianti, i giovani ed i cittadini asintomatici in attesa di un tampone domiciliare a protestare perché costretti a non muoversi dal proprio domicilio, magari perché un congiunto è risultato positivo. Hanno ragione gli operatori della Sanità, medici e infermieri, a protestare perché ancora una volta abbandonati a se stessi nei reparti e negli ospedali da una dirigenza ormai sempre più lontana dalla realtà e sempre prona ai diktat dei governatori preoccupati in genere peri loro destini personali e che ascoltano poco le voci che vengono da chi lavora in prima linea. E’ vero nessuno può vivere senza un reddito o senza la certezza di poter ricevere al bisogno le cure necessarie. La protesta allora diventa una reazione scomposta alla paura, che soia purlegittima diventa anche un formidabile catalizzatore per estremisti, ultras da stadio e fomentatori di disordini che fanno del saccheggio e della violenza vandalica un mestiere, sfruttano la rabbia sociale e la disperazione che sfocia in quell’assurdo rancore verso chi ha di più. Ciò che non si può più accettare né comprendere è quel voler perseverare in atteggiamenti aggressivi e colpevolizzanti verso i propri concittadini. Sono vittime, non certo untori o responsabili di tutto quanto accade, nessuno ha il diritto di additarli al pubblico disprezzo esponendoli a ritorsioni o a ignobili delazioni. E’ falso e utilizza un consolidato pregiudizio, quello di continuare ad affermare che a Napoli, Salerno e nelle altre città le proteste siano ispirate dalla camorra o dalla delinquenza organizzata; è chiaramente un modo per spostare l’attenzione dalle proprie responsabilità nel governo e nella gestione dei fondi disponibili. Ci sarebbe da chiedersi come si possa pensare di curare l’immagine di un presidente (o un sindaco) facendogli dismettere i panni di buon amministratore e di simpatico affabulatore quando si arriva a mostrare in video la radiografia di un polmone fibrotico affermando che la colpa è da attribuire a chi va impunemente in giro. Abbiamo assistito a sceneggiate non degne dei sacrifici sostenuti da tutti i cittadini. Nessuno ha precisato che quell’esito è molto raro e può colpire pochissimi pazienti sui tanti che passano per le terapie intensive e che i morti sono poi una percentuale veramente bassa rispetto alla generale mortalità; in pochissimi casi si riescono a distinguere morti da coronavirus da quelli da altre patologie associate. Troppo spesso le cause vanno ricercate nella negazione di cure a quei pazienti affetti da gravissime patologie che non riescono più ad accedere ai reparti specializzati e, qualche volta, nemmeno agli ospedali. Accadrà sempre più frequentemente, se si dovesse continuare nella scellerata politica di chiudere i reparti destinati alla gestione della salute mentale, illudendosi che costringere questa tipologia di pazienti in spazi ristretti o addirittura ai piani più alti di un ospedale può consentire loro di garantire una assistenza che invece è impossibile garantire; produce invece abbandono e incremento di incidenti a loro stessi ed ai familiari, di suicidi, di atti di violenza. Non vederli non autorizza a pensare che non esistono, queste politiche rischiano di fare più vittime dello stesso coronavirus, certamente producono più disperazione sociale. Proviamo con onestà intellettuale a confrontare i dati con quelli degli anni precedenti. Potremmo scoprire che le cause di morte registreranno forti incrementi per decessi da patologie oncologiche, cardiovascolari e politraumi, ma anche a causa di malattie mentali. Molti reparti stanno chiudendo per essere tutti utilizzati solo come reparti COVID, occupando tutto lo spazio disponibile. Aumenta la consapevolezza collettiva che, superata la prima fase, bisognava utilizzare la prevista tregua estiva per reclutare il personale sanitario carente onde consentire di fronteggiare adeguatamente la inevitabile seconda fase. Come? Bisognava forse avere il coraggio di utilizzare innanzitutto i fondi ordinari e bypassare i vincoli di spesa per adeguare ai nuovi bisogni l’intero sistema, bisognava superare le vecchie programmazioni, concepite per altri scenari. La questione dei soldi. Ora che l’Europa ha finalmente allargato i cordoni della borsa, la salute, l’istruzione e le garanzie sul lavoro devono essere considerati obiettivi non negoziabili. Ma questi hanno bisogno di investimenti, indipendentemente dalla ossessione di tenere sempre e comunque i conti in ordine. Gli economisti dovrebbero pensare a strategie per avviare finalmente un programma sostenibile di lotta alle diseguaglianze. Capire che non ha alcun senso penalizzare un paese perché ha sforato i badget, ma lavorare sulle cause reali e supportarlo per individuare percorsi di risanamento senza distruggerne l’economia. Esattamente come bisognerebbe fare oggi di fronte a questa pandemia che ci costringe a rivedere politiche di sviluppo e percorsi virtuosi. I conti in ordine si rimettono investendo risorse e controllando – questo sì con rigore e competenza – che i soldi concessi siano spesi tutti e bene e utilizzati per incrementare sevizi e favorire occupazione e sviluppo. I fondi non sono un bancomat a disposizione del governo di turno, ma un indicatore di serietà amministrativa.

*Psichiatra e Pubblicista

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