Moratti

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di Walter Di Munzio

Sembrava impossibile eppure la nuova assessora al Welfare della Lombardia, Letizia Moratti, è riuscita sin dal giorno del suo insediamento a far rimpiangere persino quel gaffeur del suo predecessore Giulio Gallera. Proprio sul suo terreno di elezione, quello delle più assurde battute di stampo razzista, di ignoranza di merito e di egoismo padano. La prima, quella più esilarante, è stata quando ha detto che bisognava tener conto del PIL regionale nel piano di distribuzione dei vaccini, con la stravagante motivazione che, essendo il “motore del paese”, vaccinare prima i lombardi sarebbe un vantaggio per tutti. Mi pare richiami vagamente quel già sentito “un lombardo vale più di un romano”. A qualcuno sembra incredibile che una donna che ambiva ad essere considerata una efficiente manager di grandi capacità, possa rivelarsi in fondo tanto ingenua da pretendere di rivendicare a nome della sua disastrata regione, maggiori attenzioni e priorità sul resto del paese. Come se le ragioni dell’economia, del commercio e del capitale potessero cancellare di colpo tutto il resto, persino i diritti sacrosanti di tutti gli altri cittadini ovunque risiedano. La seconda battuta, espressa dall’assessora lombarda con convinzione oltre che con tanta protervia (questa volta accompagnata dall’esplicito sostegno di un altro gaffeur come il suo presidente Fontana) è stata di affermare che a Roma hanno frainteso, se non scientemente falsificato, i dati comunicati dalla Lombardia (dati inviati dagli stessi uffici regionali) sulla numerosità dei pazienti sieropositivi ma non più capaci di infettare rilevati in Lombardia, che hanno fatto schizzare in alto gli indici di propagazione dell’infezione, causa della conseguente collocazione regionale in Fascia Rossa, quella a maggiori restrizioni. Immediatamente gli uffici regionali hanno tentato di riparare al danno ricomunicando alcuni dati corretti, che potevano consentire ai lombardi di attestarsi in fascia arancione consentendo un allentamento delle previste restrizioni anticontagio. Ma, se a seguito di certificazioni non veritiere, anche con il maggior rischio di far ripartire l’epidemia a danno, ancora una volta, di tutto il paese. Non accennano a placarsi le polemiche con il Governo centrale. Il Presidente Fontana si dichiara “… indignato per l’errore commesso dal governo” ed il Ministro accusa gli uffici regionali lombardi di aver trasmesso dati incongrui rivelatisi poi sbagliati, tanto da essere ufficialmente corretti. D’altronde chi poteva conoscere meglio i dati sulla numerosità dei positivi se non gli stessi uffici regionali, che vantano unilateralmente di avere il miglior sistema informativo nazionale. Con qualche dubbio in più, oggi, sulla accuratezza e sull’efficacia delle procedure adottate. Pare infatti che siano sfuggite al rilevamento circa diecimila comunicazioni su persone che, pur avendo avuto un tampone positivo, siano in condizione di tornare a lavorare in quanto trascorso un congruo periodo di tempo senza più sintomi evidenti dal primo tampone positivo e quindi si può presumere che non siano più portatori attivi di infezione. La domanda allora è “perché in quella Regione non si riesce a far confluire automaticamente i dati nel sistema informativo regionale?”

Forse perché non comunicano ancora le piattaforme utilizzate dai vari sistemi informativi (quella dei medici di base, delle associazioni dei MMG e quelle utilizzate dai dipartimenti territoriali di prevenzione)? E’ possibile che si possa ancora consentire di far ricadere tali responsabilità sul Governo, quando è evidente che si tratta di una chiara competenza degli uffici regionali. Chi altri potrebbe avere i dati dei pazienti di un territorio? Parliamo degli stessi uffici che, con tanto orgoglio, rivendicano ancora il primato dei loro sistemi informativi, additati autoreferenzialmente come “un modello di do- cumentazione ed elaborazione dati da esportare almeno alle altre regioni italiane se non nel resto d’Europa?”. E’ possibile che si debbano continuare a subire ancora continue invettive, spesso violente e offensive, da parte di chi ha già dato ripetute prove di incapacità gestionale?

E cosa significa quella frase continuamente ripetuta in tutte le sedi “non abbiamo mai sbagliato a comunicare i nostri dati”. Si tratta di un tentativo estremo di scaricare all’esterno una responsabilità che potrebbe comportare persino risvolti legali, perché coloro che si sono resi protagonisti di tali inadempienze potrebbero doverne rispondere di fronte alle numerose richieste di risarcimento danni, quali possibili esiti nelle tante cause intentate da commercianti lombardi danneggiati da un’intera settimana di chiusura ritenuta infondata e ingiusta? O siamo di fronte all’ennesimo tentativo di negare gli errori commessi, confondendo le acque e scaricando su altri quelle responsabilità che invece vanno attribuite solo a sé stessi? Qualcuno comincia a richiedere con forza, persino in consiglio regionale, le dimissioni della Giunta Fontana; in fondo non basta più per salvarla l’aver sacrificato il solo assessore Gallera, responsabile forse più di avventate dichiarazioni e di assoluta ignoranza delle cause scientifiche e dei percorsi del contagio. Non è stato certo il solo né il più incapace. Anche gli altri a partire dal presidente, o da chi lo ha sostituito in giunta, hanno avuto poco da invidiare su questo terreno. Il Commissario Arcuri si è dimostrato capace e poco incline a subire le invettive dei presidenti di regione, evidentemente stressati dalla lunga esposizione e dalle enormi responsabilità derivanti dalla gestione di questa epidemia. E ciò non solo in Lombardia

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