Giacinto Vicinanza, le virtù di un capitano in battaglia

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di Michele DI POPOLO

28 giugno 1916, San Martino del Carso. Il vento soffia forte e la pioggia scrosciante cade, senza tregua, da diverse ore; cade sugli uomini rannicchiati nelle trincee, sui loro sogni, le loro speranze, le paure che attanagliano i loro cuori.

Il capitano è lì, tra i suoi uomini, li guarda uno ad uno, scruta quelle facce grigie, consumate della fame, dalla mancanza di sonno e dagli scontri. Cerca di infondere calma e coraggio, virtù che lo avevano contraddistinto quando era stato impegnato in Libia e che gli erano valse una medaglia d’argento al valor militare.

È dal giorno precedente che le truppe italiane bombardano pesantemente le linee nemiche austriache per preparare l’assalto alla baionetta, e lui, ha ricevuto l’ordine dal comando generale di attaccare:” la postazione austriaca tra i colli di San Martino deve essere conquistata “.

Concede ancora qualche minuto ai suoi uomini, alcuni tendono le mani in segno di preghiera, altri piangono sommessamente, in molti scrivono le loro ultime volontà, promesse, desideri. Scrivono ai loro figli, esortandoli a rispettare sempre le madri; scrivono ai loro amori, il cui ricordo li ha sostenuti in quei lunghi mesi di sofferenza; scrivono ai loro genitori, nella speranza che siano orgogliosi del sacrifico che stanno per compiere.

L’assalto avviene alle ore 15.00 ed è una strage tremenda, gli austriaci infatti rispondono con lunghe raffiche di mitragliatrici e i soldati italiani non riuscendo ad aprire un varco per raggiungere la postazione sono costretti a ritirarsi.

Dei 262 soldati appartenenti alla compagnia, solo 45 rientrano nella propria linea e tra questi manca lui, il capitano, caduto sotto la raffica di colpi, mentre incitava i suoi a non indietreggiare.

Nonostante la sconfitta i nostri soldati hanno tracciato un solco, non nel terreno, ma nella memoria collettiva. Da quel giorno, infatti, il posto avanzato sul colle San Martino sarà ribattezzato con il nome del capitano: Giacinto Vicinanza.

A Salerno, sua città natale, gli è stata intitolata una scuola, oltre che una strada, e il capitano è stato insignito della medaglia d’oro al valore militare.

E noi? Come possiamo rispettare un così costoso sacrificio? Ri-cor-dando il cor-aggio di questi uomini, con due parole che hanno la stessa radice. Perché forse avevano ragione gli antichi, la memoria risiede nel cuore. Scriveva Ungaretti:“ nel mio cuore / nessuna croce manca / è il mio cuore / il paese più straziato”

Fonte arcansalerno.com

Fonte foto associazione nazionale combattenti FF. AA

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