Non si alza il medio!

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di Alessandro Rizzo

Che avete capito? Mica mi riferisco al gestaccio all’americana per spedire amabilmente qualcuno a quel paese. Giammai! È che mi sembra strano che soltanto adesso ci si stia accorgendo che il sintomo peggiore del malessere politico, economico e, di conseguenza, anche sociale del nostro Paese è dato dal fatto che nulla di ciò che è “nel mezzo” tenda a risollevarsi.

Ed è in un contesto del genere che è destinato ad attecchire il male. L’odio, l’antisemitismo, il razzismo difficilmente si vedono in un popolo che sta bene e non ha nulla da temere. Ogni guerra inizia come guerra dei poveri. C’è un antico dibattito che ha visto impegnato anche premi Nobel come Amartya Sen, di origine indiana e docente ad Harvard, secondo cui, senza cadere in un eccesso di semplificazione, esisterebbe una correlazione tra la povertà e la violenza. Certo, detto da Sen, che ha sposato una Rotschield, qualcosa di vero dev’esserci. Io però sono più incline a credere che esista una correlazione tra disperazione e violenza e noi italiani in questo momento siamo un popolo disperato.

Le notizie di questi giorni ci dicono che a soffrire maggiormente la recessione è il cosiddetto ceto medio, quello che appunto non si alza cioè stenta a risollevarsi. Ci dicono anche, con specifico riferimento al Sud, che l’ossatura che sta lasciando la propria terra per spostarsi in territori più produttivi, e non parliamo solo di forza lavoro non specializzata ma anche -o soprattutto- di laureati, è la generazione dei trentenni ovvero quella all’apice della propria produttività e della propria fertilità. Insomma, in uno scenario del genere non c’è da stare sereni.

Ma non c’è neanche da meravigliarsi se, in un contesto sociale sfibrato, la gente si attacchi a qualsiasi cosa pur di poter coltivare una speranza e quel qualsiasi cosa talvolta è quanto di più dannoso ci sia: l’intolleranza.

D’altro canto, non mi stancherò mai di ripeterlo, secondo gli studi di Ipsos Mori l’Italia è tra le nazioni con il maggior tasso di ignoranza d’Europa ed è 12esima al livello mondiale. Non possiamo sorprenderci se un popolo che per la sua maggiore composizione si esprime in versi gutturali poi rigurgiti odio.

Non so se vi è capitato mai di vedere sui social quel tizio che va in giro per spiagge e discoteche ad interrogare i ragazzi in storia, geografia o letteratura italiana; quello che chiede ai ragazzi quale mare bagna Ibiza e questi rispondono “l’Oceano Adriatico”. Ecco, noi italiani siamo così.

È per questo che assistiamo alla pensionata che offende il Presidente Mattarella e poi si scusa in lacrime dicendo che si è lasciata trascinare in questa ondata di odio. E capita che una cospicua percentuale di parlamentari manifesti dissenso o, al meglio, indifferenza al momento della votazione di una Commissione voluta da una sopravvissuta di Aushwitz. Questo meritiamo.

Se fossimo stati un popolo davvero acculturato, non solo non avremmo agito così, ma avremmo conservato la memoria di ogni scempio e violenza consumatasi nelle nostre campagne, dalle persecuzioni fasciste, alle foibe, tanto per essere bipartisan. E soprattutto, invece di predicare l’odio, ci saremmo spesi per evitare che certi scempi accadano ancora, ovunque nel mondo, non solo in Italia.

Ricordo nitidamente la caduta del muro di Berlino e trovo davvero ridicolo ed ipocrita che in questi giorni se ne sia commemorato il trentennale mentre tra USA e Messico se ne sta costruendo un altro di muro.

Chi è simbolo di pace deve avere il coraggio di raccontare gli orrori della persecuzione, ma in giro ovunque nel mondo. Immaginate che messaggio significativo darebbe la Segre se invece di essere costretta a passeggiare per Roma sottobraccio con gli agenti della scorta avesse la libertà di salire su un altro muro e andare a parlare di pace tra Israele e la Palestina.

È questo il mondo che vorrei ed è per questo che mi auguro con tutto il cuore che le nuove generazioni facciano uno scatto di reni, che ci portino fuori da questo oscurantismo, da questo medioevo culturale.

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