Ernesto, il gatto nero del governatore

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di Vincenzo Benvenuto

Salve a tutti. Chi vi parla è Ernesto, il gatto nero del Governatore. Oddio, se proprio devo essere sincera, sarei una gatta e il mio nome sarebbe Benita. Ma si sa come vanno le cose in politica, no? Occorre dissimulare, nascondere, camuffare. E sì perché il mio genere sarebbe sì femminile, ma come conciliare l’altra metà del cielo con il machismo da rottweiler di De Luca? Per quanto riguarda il nome, poi, da cinque vite continuo a chiamarmi Ernesto come il Che ma già dalla quarta avrei potuto chiamarmi indifferentemente Silvio o Matteo.

D’altronde, è vero o no che dalla falce e martello dei primordi, il fu «Vicienz ‘a funtana» si è votato alla speculazione «cazzuolara» e alla fricchettonaggine bullonesca? Comunque stiano le cose, è da un’eternità che il Governatore non mi chiama più Ernesto. E, d’altra parte, con quale faccia lo potrebbe fare vista la concupiscenza con la quale, nelle notti di luna piena, mi liscia il pelo e mi chiama «Dux mea lux»? Non vi nascondo che più di una volta ho tirato fuori gli artigli come in presenza di un fuoco «eretico e pertinace».

Poi, però, mi sono ricordata dei vantaggi che si hanno nell’essere il gatto del Presidente e delle due vite che mi restano, e ho abbozzato. Chi me lo fa fare, mi sono chiesta, di andare per i tetti adesso che ho quasi concluso il mio ciclo delle sette vite? Che poi, dopo la quarta vita, noi gatti, per statuto, dovremmo cambiare padrone, anche per evitare eventuali conflitti d’interesse con le vite precedenti. E io, beninteso, ero anche pronta a farlo vieppiù in considerazione del doppio infingimento (sesso-nome) di cui, dalli e dalli, mi ero stufata. In altri termini, volevo vivere libera di essere femmina e di chiamarmi Benita alla luce del sole. Poi, però, quando ho assistito all’abnorme conflitto d’interessi De Luca-De Luca che ha portato il Figlio nella segreteria campana del PD da cui dovrà controllare il Padre, e beh, allora pure a me hanno concesso una deroga; deroga che stavo, in virtù di quanto vi dicevo, per rifiutare. Nel momento del commiato, però, quel drittone del Governatore, probabilmente presentendo il mio intento, mi ha messo nella ciotola i nuovi croccantini appena comprati. Ebbene, mi è bastato assaggiare quella prelibatezza, per cambiare subito idea e per decidermi a restare con lui saecula saeculorum. Non ho ancora capito di quali ingredienti misteriosi siano composti. So soltanto che, quando li mordicchio, si sfarinano in una patina gelatinosa e succulenta del comunismo che fu.

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