Famiglie Arcobaleno, s’infiamma il dibattito tra misticismi ideologici e realtà deformate

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di Francesco Napoli

Tra dichiarazioni violente ed ideologiche, prese di posizioni più o meno polarizzate e la mobilitazione di Milano, questi giorni hanno rimesso al centro del dibattito i temi dei diritti civili ed in particolare il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Non solo, il tema appare collassato, ed è forse il vero terreno di scontro, sulla gestazione per altri o quella che qualcuno chiama “maternità surrogata” o peggio “utero in affitto”. Un tema complesso che se da un lato richiede un prendere posizione, dall’altro ci richiama ad una visione più articolata delle questioni in campo a partire da un convincimento: il tema non sono le famiglie arcobaleno, né i figli delle coppie omogenitoriali. Il tema sembra essere piuttosto la visione sociale, culturale ed economica che attribuiamo, o che qualcuno vorrebbe attribuire, alla maternità e ad un presunto nesso inscindibile tra gestazione, genere, ruoli di genere e genitorialità. Non neghiamocelo, il problema non sono tanto due mamme, che pure non se la passano bene, quanto l’idea che due padri siano innaturali e che al centro debba esserci la madre gestante, schiava di una visione patriarcale, di una mistica della famiglia in cui la relazione si fonda sulla riproduttività e su un maschile egemone che quando si occupa dei figli diventa un “mammo”. Eppure la realtà ci dice altro. (tempo di lettura: 12 min.)

Francesco Napoli

Partiamo dai numeri e dalla realtà. Non esistono dati ufficiali in Italia sulle coppie che decidono di ricorrere alla Gestazione per Altri, quella che erroneamente nel dibattito attuale viene definita maternità surrogata, tuttavia sappiamo che in Spagna l’80% di quanti hanno fatto ricorso a questa scelta sono coppie eterosessuali. Anche negli Usa 70 coppie su 100 sono coppie eterosessuali (fonte: Ansa). D’altronde ciascuna persona può fare una propria statistica non rappresentativa: quante coppie eterosessuali conoscete che hanno fatto ricorso a questa scelta? E, di contro, quante coppie omosessuali conoscete che hanno fatto lo stesso? Se teniamo conto che molte coppie tendono a non dichiarare di aver fatto ricorso a questa scelta – per stigma, pregiudizio o vergogna – i numeri di ciascuno di voi possono dare conto della realtà che ci circonda. Una realtà che è fatta di bambine e bambini che vanno a scuola, che giocano insieme a tutti gli altri, che si ammalano e vanno in ospedale talvolta, che hanno un futuro e che hanno genitori che si preoccupano per loro oggi e domani. Ricordiamo inoltre che in Europa esistono regole diverse in paesi diversi. La Gestazione per Altri è consentita solo in forma gratuita in Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Ungheria e Grecia. Nel Regno Unito la gpa è legale solo in forma non retribuita, mentre in Ucraina è consentita sia quella retribuita che non. In Russia, Bielorussia e Georgia sono consentite entrambe le possibilità. E poi altri paesi del mondo: Israele, Australia, Armenia, Nepal, Thailandia, Hong Kong, India e Sud Africa. Ecco, a partire da questo esame della realtà, possiamo allora chiederci come mai la destra al governo si accanisca in queste settimane contro le famiglie omogenitoriali, quelle che chiamiamo famiglie “arcobaleno” e contro questa scelta che riguarda milioni di persone, adulte e minori, nel mondo.

La strategia del fumo negli occhi. Certo, qualcuno potrebbe notare come l’infiammarsi del dibattito sui diritti civili avvenga a poche ore dall’approvazione in Consiglio dei Ministri della Delega Fiscale e dell’Autonomia Differenziata: fumo negli occhi dell’opinione pubblica e della politica per spostare l’attenzione da provvedimenti iniqui. Qualcun altro potrebbe notare come questo dibattito sia usato per schiacciare l’opposizione, molto sensibile a questi temi, su posizioni percepite come radicali e minoritarie. Costringere le opposizioni a stare su queste questioni, magari provando a fare emergere le divergenze che pure esistono nel PD come nel M5S, strette tra il rischio di benaltrismo e quello di rinunciare a temi identitari. Altri ancora potrebbero notare come questo assalto sembri un po’ ad orologeria dopo i fatti di Cutro e gli scivoloni mediatici che ne sono conseguiti come pure si potrebbe notare come si nascondano altre scelte, dal condono a carico dello stato al taglio delle agevolazioni fino alla compromissione del Welfare per pagare la flat tax di Salvini. Insomma la cara vecchia strategia di distrazione di massa e del fumo negli occhi. Legittima, ma anche un po’ obsoleta, buona per un paese disinformato, distratto, preso dai problemi quotidiani e dal mettere un piatto a tavola.

La cronaca e le dichiarazioni al veleno. Il dibattito si è riacceso di fronte a due eventi: La bocciatura da parte della Commissione Politiche dell’UE, lo scorso 14 marzo, di un regolamento avanzato dalla Commissione europea concernente le norme di diritto internazionale sui figli, volto a diminuire il potere decisionale dei singoli stati in materia; lo stop alla registrazione automatica all’anagrafe dei figli di famiglie omogenitoriali in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione. Di fronte a questa, il 13 marzo il sindaco di Milano, Beppe Sala, non ha potuto fare altro che obbedire. Lo Stato italiano riconoscerà così i figli minori di padri che hanno fatto ricorso alla maternità surrogata, e non solo, come figli di uno solo dei due genitori, venendo privati di importanti diritti civili, sociali e patrimoniali. In questo scenario, la questione sulla maternità surrogata in Italia e la Legge 40 vengono risollevate. La proposta di legge, avanzata quasi un anno fa dall’attuale Presidente del Consiglio, torna ora sul tavolo di discussione, ovvero l’idea di un “reato universale” e cioè che questa scelta sia ritenuta illegittima in tutti i paesi del mondo. L’assurdità di questa proposta si commenta da sola, immagino. Non si è fatta attendere la risposta della Commissione Europea, per voce del Commissario Europeo per la Giustizia, Didier Reynders, che ha risposto a un’interrogazione sui diritti delle famiglie arcobaleno in Italia promossa dagli eurodeputati del M5s:”In linea con la strategia per l’uguaglianza delle persone Lgbtiq 2020-2025, la Commissione è in continuo dialogo con gli Stati membri riguardo all’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea» e «ciò comprende anche l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere» i figli «di genitori dello stesso sesso, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dall’Ue”. Sono seguite le dichiarazioni al veleno degli esponenti di Governo. “Reato peggiore della pedofilia” ha dichiarato Mollicone di Fratelli d’Italia, ancor più truci le parole di Rampelli (FdI):” Se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento, e cioè l’iscrizione all’anagrafe, di un bambino che spacciano per proprio figlio significa che questa maternità surrogata l’hanno fatta fuori dai confini nazionali”; ”Rivendichiamo la posizione dell’Italia – sottolinea anche Maurizio Gasparri (Forza Italia) – che non vuole fare nessuna discriminazione ma che, contrastando fortemente l’orrenda pratica dell’utero in affitto, non vuole offrire spazio a regolamentazioni che favoriscano questa scelta”. Infine, ricordiamo le dichiarazioni della Ministra Roccella:”l’utero in affitto è un mercato dei bambini” che ha parlato anche di mercificazione e schiavitù del corpo femminile”. Certo, non ci stupisce, ed anzi dovremmo stupirci di chi si stupisce. Questa è la destra italiana, retrograda, fuori dalla realtà.

Confusione, ideologie e strategia della rottura. Si nota infatti una certa divaricazione tra le dichiarazioni che abbiamo ascoltato in questi giorni e la realtà dei fatti: 1) la gestazione per altri è una scelta quasi esclusivamente delle coppie eterosessuali, quelle persone ritenute “normali” dalla maggioranza di Governo; 2) nei paesi in cui questa scelta è consentita è prevalentemente gratuita, tranne nei paesi amici loro tra cui Ungheria, Russia, Bielorussia. Ma allora perché tutto questo accanimento? Perché questa confusione, scientemente generata, che compromette la vita di migliaia di persone, famiglie, minori? Da un lato il fumo negli occhi, come abbiamo osservato, può essere un buon motivo per una politica priva di argomenti e che si nasconde e crea parafulmini, diversivi. Dall’altro una strategia della rottura per la quale un paese frammentato, diviso, dove si creano nemici e mostri – migranti, persone lgbtqia+, donne che scelgono l’aborto ed altri mostri – è un paese più governabile, dove la logica degli interessi individuali impoverisce il senso di comunità e l’impegno collettivo e compromette la capacità di un paese si pensarsi e di viversi in un percorso condiviso dove l’interdipendenza è una realtà economica, sociale e culturale e dove nessuno può pensare né di arricchirsi né di star bene da solo. Inoltre, la strategia della rottura e della divisione, che si esemplifica nella Delega Fiscale – che frattura il mondo del lavoro e distrugge il Welfare – e nell’Autonomia Differenziata – che invece crea cesure e diseguaglianze tra i territori – appare utile a creare colpevoli e deresponsabilizzare il Governo e questa maggioranza. Ma torniamo al tema della gestazione per altri, la discriminazione e la violenza nei confronti di donne e famiglie che fanno questa scelta, la costruzione del capro espiatorio della comunità lgbtqia+ e delle famiglie omogenitoriali. Streghe e anormali, colpevoli di atti immorali e immondi. Si, perché quando provi ad insinuare una logica, come quella di Giorgia Meloni, elevando un reato al rango universale, stai uscendo dalla logica della norma per sfociare nella morale. Decisamente pericoloso.

Linguaggi, Misticismi ed un futuro deformato. La gestazione per altri, nel linguaggio dei nostri governanti diventa “utero in affitto” o “maternità surrogata” il che da un lato riduce il corpo della donna ad un immobile da affittare, e ad una parte per il tutto e, dall’altro, sposta la questione dalla generatività alla maternità in un dualismo che vede la donna o come madre o come provetta. Nella definizione poi di “maternità surrogata” insistono altre questioni: chi ha detto che restare incinte significhi essere o diventare madri? Chi ha stabilito che una gravidanza implichi necessariamente una genitorialità o un desiderio di genitorialità? Una associazione indebita che determina una visione collettiva criminalizzante sia nei confronti delle donne che decidono di non essere madri, sia per quelle donne che decidono di fare la scelta della gravidanza di sostegno. Poi però diventano criminali e immorali anche coloro che, coppie dello stesso sesso, fanno invece la scelta della genitorialità. Questo si ripercuote sulle coppie omogenitoriali di uomini che, nella logica della generatività vincolata alla genitorialità ed alla maternità non potrebbero accedervi per ragioni lapalissiane. Sono loro i veri colpevoli, quelli che sfruttano il corpo delle donne come fattrici per i loro desideri egoistici. Dunque da un lato si rinsalda la logica del percorso univoco che tiene insieme obbligatoriamente gravidanza e maternità/genitorialità, dall’altro si ripudia tutto ciò che non tiene insieme queste due cose che, a ben vedere anche dai numeri, insieme non stanno. Tra aborti spontanei, interruzioni volontarie, gestazioni per altri, ricorso alle forme medicalizzate di inseminazione, il nesso tra gravidanza e maternità/genitorialità appare una mera mistica ideologica tesa ad escludere e colpevolizzare, a creare la categoria delle persone senza dio e senza legge: un femminile che non diventa materno, un maschile che non procrea e non si riproduce nella sussunzione familistica di corpi e affetti. Una strategia a tenaglia che continua a stritolare le donne prima ancora che la comunità delle famiglie omogenitoriali. Una strategia che, d’altronde, deforma il futuro perché rompe quella alleanza e quella solidarietà, quel riconoscimento reciproco, tra persone e che sono alla base della costruzione di una comunità sana. Una politica che consolida lo stereotipo ed il pregiudizio nei confronti della comunità lgbtqia+ e che marginalizza bambine e bambini, privando loro di serenità e le loro famiglie di certezza nel futuro. Un futuro deformato che è già presente. Una strategia che eleva la meccanica riproduttiva a cuore della sua ideologia è qualcosa che non dovremmo accettare come possibile.

Uscire dalla retorica, non uscire dal conflitto. Per concludere bisogna potersi dire alcune altre cose. Innanzitutto che sono in molti a prendere parola, molto più diradato appare il protagonismo delle donne, se non manierato e se non esclusivamente conflittuale. Sappiamo che sono temi delicati, non possiamo nascondercelo, e sappiamo che non possono essere affrontati con barricate contrapposte. Sappiamo anche che non tutto è bianco o nero, ovvero che sul tema della gestazione per altri insistono questioni economiche, etiche, di sfruttamento e di scarsa tutela sia di chi fa questa scelta sia di chi nasce da questa scelta. Sappiamo altrettanto però che questo riguarda solo marginalmente le coppie omosessuali, che nei paesi in cui maggiormente avvengono pratiche di sfruttamento non ci possono proprio andare perché sono spesso paesi che condannano l’omosessualità. Sappiamo anche che esiste la gestazione solidale, che esistono legami e relazioni entro cui avviene la scelta di portare avanti una gravidanza nella logica del dono. Sappiamo che esiste la gratuità. Uscire dalla retorica significa dirsi che esistono nel nostro paese migliaia di bambine e bambini senza diritti e senza tutele, che esistono genitori e coppie omogenitoriali o eterosessuali che vivono la frustrazione dell’incertezza sul futuro dei propri figli. Uscire dalla retorica non significa uscire dal conflitto, significa uscire dalla violenza di un conflitto basato su un misticismo identitario, ideologico, per accedere ad uno spazio di confronto che entri nel merito, che descriva la realtà e non la deformi ad uso e consumo dell’opportunismo politico del momento. Significa che pur nelle differenze non si mettano in discussione i principi che tengono insieme una comunità: il diritto di chi esiste ad esistere come gli altri, il diritto di chi sceglie a poterlo fare nel rispetto di se e degli altri, il diritto di una comunità a fondarsi su relazioni e riconoscimento reciproco di istanze, bisogni, desideri, aspettative di vita.

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