Una serie di sfortunati eventi…

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di Alessandro Rizzo

…che tuttavia non ha lasciato che il governo restasse impantanato, come invece alcuni speravano. Prima il MES, poi il salvataggio della Popolare di Bari e infine il voto della manovra di bilancio al Senato. Insomma, una serie di eventi di immediata ricaduta economica sullo Stato e sui cittadini e una serie di tappe incasellate, l’una dopo l’altra, a far scricchiolare la maggioranza. La manovra è passata con 166 voti a favore e 128 contro.

Tre occasioni per mostrare ancora in maniera rumorosa l’incapacità della gente di cogliere appieno il significato di tali manovre. Analizziamo i fatti e le singolari manifestazioni di questi giorni.

Il Mes. Lo scorso fine settimana la lega ha installato diversi stands nei quali ha promosso una raccolta firme contro il documento di stabilità. Alcuni giornalisti hanno intervistato i firmatari, la maggior parte dei quali ha grugnito motivazioni alla protesta per nulla illuminate. Quasi nessuno sapeva cosa sia il Mes. Ovviamente nessuno degli intervistati ha idea del fatto che il meccanismo esiste da tempo, che ha salvato, ad esempio, la Grecia. Pochi hanno riflettuto sul fatto che con tale meccanismo si intende offrire garanzie agli Stati in difficoltà e che nella lista degli Stati in difficoltà credo che l’Italia abbia qualche chance in più di entrarci in un prossimo futuro, rispetto -che so- alla Svezia. Molta concentrazione dell’opinione pubblica sul backstop in favore delle banche private nazionali; pochi ovviamente quelli che hanno capito che i 70 miliardi stanziati servono ad evitare che il default delle banche abbia come effetto immediato la ripercussione sull’economia interna e che comunque un paracadute non vuol certo legittimare le banche stesse ad una gestione più spensierata. Ma quel che più sconcerta è che la gente di Salvini abbia firmato contro il Mes senza sapere cosa sia.

Dagli aiuti agli Stati agli aiuti di Stato. Da scongiurare, questi ultimi, pena altrimenti le sanzioni dell’UE. In questo delicato quadro si inserisce il salvataggio della Banca Popolare di Bari, altro tema tanto dibattuto in settimana e tanto criticato dalle voci contrarie al governo. I liberali per primi gridano allo scandalo. Il problema, come al solito, risiede nelle scelte ibride che noi siamo soliti fare. Prima privatizziamo poi salviamo i privati che stanno per fallire. E, come al solito, questa incertezza comportamentale è figlia di una linea politica non sempre determinata. Il salvataggio della Popolare di Bari non è il primo e non sarà l’ultimo e non serve certo a salvare propriamente la banca e non esclude -e non deve escludere- che si compiano valutazioni in ordine alle responsabilità degli amministratori. Ma è, in questo contesto, l’unica soluzione per salvare gli investitori e per evitare che ad intervenire debbano essere gli ammortizzatori sociali, con un costo a carico dello Stato che potrebbe diventare addirittura maggiore dell’intervento stesso. Non è un caso che il ministro dell’economia Gualtieri abbia già incassato l’ok della responsabile dell’Antitrust Europeo, la -udite udite- liberale Margrethe Vestager.

A chiudere la settimana la manovra sul bilancio, passata con un quorum non proprio risicato, segno -forse- di una maturità politica che sta caratterizzando anche le scelte dei 5stelle che tengono duro.

D’altronde i dissidenti passati –dicunt– tra le fila della lega sarebbero in tutto quattro, poca roba. A questo punto, tolta la Tv a Salvini, basterà contenere le intemperanze di Di Maio o mandarlo un po’ più in giro all’estero, come è accaduto in questi giorni, perché l’Italia possa sperare in discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ricco di rassicurazioni e speranze per l’anno nuovo.

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