Beppe Galderisi torna in campo per il club costiero

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di Matteo Maiorano

Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. Potrebbe essere questa la colonna sonora del rapporto tra Giuseppe Galderisi e il Vietri-Raito. Il sodalizio costiero è rimasto nel cuore dei tanti calciatori che dal settore giovanile vietrese sono partiti ed hanno calcato i più importanti campi italiani. In poche righe è possibile cogliere l’emozione di Giuseppe Galderisi, cresciuto calcisticamente ed umanamente sotto l’ala di personaggi come don Nicola Gregorio e Giovanni D’Acunto.
Quanto è stata determinante l’esperienza vietrese?
«E’ stato un passaggio cruciale della mia vita. Alla mia età non mi sono nemmeno reso conto dell’importanza di quel percorso. Eravamo un manipolo di ragazzi con il sogno di diventare calciatori: ad inculcarci la mentalità di gruppo e solidarietà ci hanno pensato personaggi del calibro didon Nicola Gregorio, Enzo Campione, Felice Muscariello, Gigino Pellegrino, Giovanni D’Acunto, detto O’ Sovietico. Tutte persone che ruotavano nel mondo del pallone e ci hanno dato un’opportunità, un’occasione di crescita. Abbiamo fatto molti sacrifici per allenarci, quando ci incontravamo stavamo bene, ci allenavamo ottimamente».
Chi l’ha condotta a Vietri?
«Enzo Campione ed Enrico Farano. Enzo è stato per me una persona molto importante. Sono felice di averlo rivisto recentemente, in occasione della partita organizzata a Marina domenica scorsa. Ci siamo riavvicinati dopo tanti anni. Io giocavo presso la Real Fratte, ero appena arrivato dalla provincia di Parma. Campione mi venne a prelevare, dopo avermi visto, fino a casa, chiese ai miei genitori di poter allenarmi con lui. Da lì è nato qualcosa di unico e storico». 
Com’era il rapporto con mister don Nicola Gregorio?
«Una persona speciale. L’ho rivisto qualche tempo fa e anche in quel caso mi ha dato grande forza e amore. Era più di un allenatore, ti tirava le orecchie ma ti voleva bene. Ti faceva crescere sotto l’aspetto umano. Eravamo un bel gruppo e ogni tanto lui ci calmava. Lo faceva sempre in modo giusto, ci dava il bastone poi la carota. Non erano, però, mai punizioni, ma era il suo modo di trasmetterci determinati valori. Per arrivare in alto non puoi sempre prendere l’ascensore, ogni tanto bisogna salire con le scale. Questo era il significato del suo messaggio. Educazione e rispetto erano elementi essenziali del nostro gruppo: in campo pretendeva che le cose andassero fatte in un determinato modo. Molti dei suoi insegnamenti me li sono portati dietro. Se molti di noi sono maturati e cresciuti anche in ambiti diversi da quello del pallone, lo dobbiamo a persone come don Nicola Gregorio. Nell’arco della mia carriera ho rivisto i suoi insegnamenti in personaggi come Giovanni Trapattoni, Osvaldo Bagnoli, gente con grande spessore umano, con un cuore grandissimo».
Di recente ha rivisto alcuni suoi ex compagni di squadra…
«Incontrarci è stato stupendo: l’emozione è stata palpabile, incredibile. Non si tratta di nostalgia ma abbiamo ritrovato noi stessi nelle piccole cose, come calciare un pallone in porta. Al di là di tutto non ci siamo mai persi: ognuno ha proseguito per la propria strada con dentro, però, valori comuni. Ognuno sa che può contare sull’altro. Entro la fine dell’anno ci rivedremo per valutare iniziative di carattere benefico, perché vorremmo ricambiare l’amore che ci è stato dato facendo del bene al prossimo: faremo brillare il nome del Vietri-Raito in memoria di persone che sono scomparse come Giovanni D’Acunto e don Nicola Gregorio». 

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