Natale, compriamo nei negozi di vicinato

0
212

di Pippo Della Corte

Il Natale fa rima con maggiori acquisti. Questo è il periodo dell’anno in cui, per definizione, aumenta la spesa dei cittadini, prevalendo l’aspetto consumistico di una festa religiosa che in particolare durante l’ultimo trentennio ha smarrito i suoi principali connotati per assumerne altri, talvolta discutibili.

L’elemento spirituale ha progressivamente ceduto il passo a quello commerciale diventando ad esso subalterno, aspetto comune a tutti i Paesi occidentali di religione cristiana i soli in cui si celebra questa ricorrenza che è anche momento di incontro e di rinnovata amicizia tra persone che per svariati motivi vivono distanti. Saluti, strette di mano e abbracci per ritrovarsi con un sorriso a conferma di legami sopiti ma non del tutto scomparsi. Un tempo non lontano, poi, chi voleva comprare i regali si recava nei negozi di vicinato che si illuminavano grazie agli addobbi e alle luci, rendendo vivaci le vie e i quartieri delle città.

A prevalere era il rapporto umano tra il commerciante e l’acquirente fatto di convenevoli, battute e le solite immancabili lamentele. Non a caso si utilizzava, ed in parte per fortuna lo si fa ancora, l’espressione ‘negoziante di fiducia’ proprio a voler sottolineare il particolare legame che nel corso del tempo si era instaurato con l’esercente, ascoltato e prezioso consigliere. Poi la violenta irruzione dei centri commerciali, ma soprattutto l’avvento di internet e del commercio on-line hanno sconquassato un equilibrio durato per lunghissimi anni.

Il cambiamento tecnologico ha stabilito nuove dinamiche interpersonali, nuovi codici comportamentali, diversi usi e costumi che nel volgere di poco hanno preso quasi del tutto il sopravvento su ciò che esisteva causando povertà diffusa e un inaridimento dei legami a favore di una scontistica figlia della massificazione dei consumi che tende a premiare esclusivamente l’aspetto economico a scapito di tutto il resto. Da qui la chiusura di migliaia di botteghe, avamposti importanti di carattere sociale in territori spesso mal amministrati e pertanto a degrado crescente.

La desertificazione dei centri urbani, in particolare dei centri storici, è la conseguenza di una repentina modificazione del commercio che da sempre, invece, ha ingentilito e reso vicini popoli lontani e diversi. Ad esclusione delle località turistiche e di quelle medio-grandi ciò che sta avvenendo nell’Italia dei piccoli e medi comuni è preoccupante. Intere strade nel volgere di un decennio si sono trasformate in grigie e vuote arterie, vittime della globalizzazione e dei mutamenti aggressivi che una politica distratta e demagogica non ha saputo e voluto governare.

Ogni serranda abbassata è un pugno nell’occhio e un colpo allo stomaco, rimandando alla mente immagini spettrali di un futuro prossimo venturo che spaventa e rattrista. Comprare nei negozi di prossimità vuol dire aiutare concretamente l’economia della propria comunità rinsaldando anche relazioni umane spesso smontate dall’invadenza dei social network e della “rete”, nuovo contenitore che tutto ingloba e tutto voracemente divora.

Articolo precedente“Vite in panchina” chiude l’anno di Controscena
Articolo successivoLa Carfagna lancia ‘Voce libera’, Forza Italia in subbuglio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui