Peppe Grassi: «Ecco come è nato il Vietri Raito»

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di Matteo Maiorano
Massaggiatore e figura di riferimento per giovani generazioni. Peppe Grassi è stato una chioccia per i tanti ragazzi che nella metà degli anni ’70 si allenavano presso il campetto di Marina di Vietri sul Mare, inseguendo il sogno di diventare calciatori. Grassi fu più di una figura dei quadri dirigenziali: mediatore tra D’Acunto, Martino ed Andreozzi, anche a lui si deve il successo di un progetto partito da lontano.
Cosa ha rappresentato per lei il Vietri-Raito?
«E’ stato il trampolino di lancio della mia carriera come massaggiatore. Il club costiero rappresentava una vera e propria famiglia. Dietro alle varie figure dirigenziali si celava una famiglia. Eravamo una squadra dilettanti ma c’era una mentalità professionistica. Questo ha fatto sì che l’intera Italia parlasse di noi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Era il ’72, io già figuravo come collaboratore della Jugend di Giovanni D’Acunto. Essendo di Raito, frequentavo un piccolo circolo di amici, svolgevamo dei tornei a Cava con il CSI. Un giorno il direttore dell’hotel Raito, Peppe Palma, mi chiamò ed iniziammo a fare un torneo».
Si può dire che da quegli anni è nata una lunga tradizione calcistica…
«Fui quasi un mediatore. Palma mi contattò per sondare la mia disponibilità a prendere parte ad un club di seconda categoria. Io e il mio staff demmo la nostra disponibilità: diventai il braccio destro di Peppe Palma. Dopo due anni ci ritrovammo noi, la Vietrese e la Jugend, in prima categoria e Giovanni D’Acunto mi fece la proposta di parlare con Palma e di farci incontrare i presidenti della Vietrese, Renato Andreozzi e Peppe Martino. Da questa riunione nacque il Vietri-Raito nel 1974».
La sua carriera è poi proseguita altrove…
«Ho lavorato per il sodalizio costiero fino agli ’80, per poi passare al settore giovanile della Cavese perché Peppe Martino divenne il responsabile della trafila giovanile metelliana. Da lì sono poi passato al Potenza e alla Scafatese, per poi giungere alla Salernitana nel 2003. Ho anche fatto parte dello staff dell’Air Avellino, club di basket che milita nel massimo campionato».
Qual è stato il suo riferimento?
«Il mio maestro, colui che mi ha seguito fin dai miei primi passi, è stato Bruno Carmando. I giocatori infortunati si portavano da Bruno per avere confronto su un infortunio. Così è nata l’amicizia con Carmando, al quale ho “rubato il mestiere”».

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