Salernitana, Strada e quel rigore con l’Acireale

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di Matteo Maiorano

Meravigliosa. Questo l’aggettivo che maggiormente viene accostato, dai tifosi granata, alla Salernitana degli anni ’90.

Sono passati quasi 30 anni dalla promozione in B e 20 da quella in A, ma il ricordo di calciatori ed allenatori di quegli anni sono ancora impressi nella memoria collettiva granata. Nella lista dei calciatori ricordati con maggior affetto c’è Pietro Strada, centrocampista che ha vestito il granata dal ’92 al ’95. L’attuale dirigente sportivo della FeralpiSalò racconta gli anni più belli del sodalizio granata, tra aneddoti e curiosità.

Un triennio incredibile quello vissuto all’ombra dell’Arechi…

«Dico sempre che Salerno ha rappresentato il mio trampolino di lancio. Sono arrivato dopo aver fatto una prima parte di carriera per cui si pensava fossi un predestinato, uno che doveva fare un certo tipo di cammino, mentre in realtà mi ero un po’ impantanato per motivi fisici. Ero nell’oblio dell’anonimato. A Salerno ho avuto la fortuna di incontrare due allenatori che mi hanno valorizzato al massimo».

Ad allenare i granata nel 1992 dalla panchina un certo Giuliano Sonzogni…

«Il rapporto con lui è stato splendido. È stato lui a chiamarmi a Salerno. Mi aveva visto solo da avversario, gli è bastato questo per farmi ricevere la chiamata della vita, che mi ha portato a giocare all’ombra dell’Arechi. Lui era un martello, un allenatore che amava il lavoro sul campo. Era molto pignolo. Durante gli allenamenti pretendeva tantissimo; per lui erano più importanti della gara stessa. Per rendere di quanto dico cito un dato: facemmo un ritiro, che ricordo benissimo, dal 13 luglio fino al 31 agosto. La scusa, allora, era che non ci fossero i campi a Salerno: rimanemmo 50 giorni insieme, fu un lavoro molto pesante proprio per consolidare schemi e misurarci con noi stessi».

Nel ’92 la promozione fu soltanto sfiorata…

«I presupposti per fare bene il primo anno c’erano tutti, non è poi andata a finire come ci aspettavamo. Nella parte finale della stagione poi la squadra ha avuto un calo, terminammo quinti in classifica, una posizione che avrebbe garantito i play-off. Un’anticipazione di quello che successe l’anno dopo. Ricordo ancora, come se fosse oggi, il rigore con l’Acireale: il giorno prima della partita calciammo, come ogni seduta di allenamento del sabato, tanti rigori e fui praticamente infallibile. Io ero rigorista e lo ero anche prima di quella partita. Mi dispiacque perché il rigore fu calciato in un momento cruciale della stagione e forse con il pari ci siamo condannati. Al di là del rigore, la squadra ebbe un finale di stagione tribolato».

Tutto rinviato di un anno, insomma…

«Certo, anche se partimmo un po’ in sordina, perché la squadra era molto rimaneggiata. Il mister Rossi dovette lavorare tra defezioni e su qualche scommessa. Fortunatamente, anche gli innesti che arrivarono, come Breda, furono decisivi per arrivare alla finale del San Paolo. Ci adattammo alla metodologia di Rossi, discepolo di Zeman. Mentre prima gli elementi della rosa cozzavano per trovare l’assetto ideale, con l’arrivo di Fresi, Chimenti ed altri, tutti i tasselli del puzzle andarono al loro posto. Ma oltre a vincere, giocavamo un calcio spumeggiante».

Anche Rossi, come Sonzogni, è stato decisivo per la crescita di Strada come calciatore…

«Rossi era un discepolo di Zeman, ma forse sotto certi aspetti ha superato il maestro. Era un cinico, non parlava molto. Era schivo fuori dal campo, mentre sul rettangolo di gioco si faceva intendere, era uno che sapeva ciò che voleva, pretendeva che tutti andassero nella sua direzione. Un comunicatore che non aveva bisogno della parola. Rossi faceva svolgere un lavoro fisico intenso, non guardava in faccia a nessuno, eravamo tutti molto convinti nei nostri mezzi».

La finale del San Paolo, secondo alcuni, ha acuito la rivalità calcistica con la vicina Napoli…

«Noi andammo al San Paolo e, molto probabilmente, essendo Castellammare più vicina a Napoli, qualche tifoso partenopeo nell’occasione faceva il tifo per la Juve Stabia ma, sinceramente, non so quanto abbia inciso la sfida, anche perché il Napoli giocava in A mentre noi ci apprestavamo ad approdare in cadetteria. La Salernitana ha poi incontrato il Napoli negli anni successivi».

Non solo allenatori: nel triennio in cui lei è stato a Salerno ha trovato anche uno spogliatoio ricco di riferimenti…

«Tantissimi. Penso a Breda, che per lo spogliatoio rappresentava l’unità. Si è messo a disposizione di tutti. In quegli anni ha dato un apporto fondamentale, diventando una bandiera. Ci teniamo in contatto tutti i giorni, siamo rimasti molto amici. Sicuramente ha dei valori importanti, è un ragazzo d’oro con cui ho molta affinità. Pisano era invece un calciatore che viveva per il gol, aveva una grande cattiveria agonistica che lo ha portato ad essere determinante. Interpretava alla perfezione il calcio di Rossi. Insieme a Grimaudo e Tudisco rappresentava ciò che noi chiamavamo “il trio siciliano”, che garantiva, durante il carico di lavoro, un clima di spensieratezza che rendeva quel gruppo davvero affiatato. Grimaudo era un personaggio fantastico, faceva morire dalle risate tutti noi. Nei momenti in cui si lavorava invece correva come un matto. Professionisti incredibili».

Strada è rimasto, come molti suoi colleghi, nel mondo del calcio…

«Dal 2012 sono direttore sportivo. Nel 2015 ho ricevuto la chiamata della FeralpiSalò, che oggi rappresenta la mia seconda casa. Mi occupo di settori giovanili».

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