Mario Polichetti: “Parti in casa? Sì, ma con estrema prudenza”

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Una decina di parti in casa all’anno nella provincia di Salerno, circa il doppio nella regione Campania nel suo complesso: sono questi i numeri – piccoli, ma comunque “rilevabili” dei travagli “a domicilio” che, ancora oggi, sono compiuti nonostante da tempo questa pratica sia stata abbandonata dalla maggior parte della popolazione. Non si tratta, il più delle volte, di nascite avvenute all’improvviso, ma per deliberata scelta dei genitori. L’ultimo dei parti “domestici” registrati, balzato, peraltro, agli onori della cronaca per la rapidità con cui è stato effettuato, prima ancora che un’ostetrica arrivasse in casa, si è verificato proprio a Salerno, all’inizio della settimana che sta per concludersi. Sono stati due giovani di Sala Consilina, marito e moglie, ma residenti nel capoluogo, ad optare per questa pratica poco diffusa ma che, comunque, vede alcuni suoi sostenitori tra la popolazione, che la preferiscono a quella del parto in una struttura ospedaliera, sia esso naturale o cesareo. A individuare caratteristiche (e rischi) del parto in casa è Mario Polichetti, ginecologo dell’Aou Ruggi, nonchè direttore del Dipartimento Materno-Infantile della UIL.

Dottor Polichetti, negli ultimi giorni è balzato agli onori della cronaca l’episodio di un parto in casa in pieno centro a Salerno. Quest’estate un episodio simile si era verificato a Ravello, riportando dopo tantissimi anni le nascite in Costiera Amalfitana. In entrambi i casi, sono state le madri stesse a decidere di partorire tra le mura della propria casa. E’ una nuova tendenza emergente?

“L’ultimo rapporto sui dati del Ministero  riporta che nel 2022 su 397.872 parti, le nascite avvenute a domicilio sono state lo 0.12%. I dati ricavati tramite Cedap sono, però, sicuramente più bassi rispetto a quelli che, effettivamente, si verificano, perché non sempre la procedura di inserimento dati è possibile agevolmente.
Basti pensare che, solo in Emilia Romagna, il rapporto dati 2021 riporta che sono state ben 242 le donne che hanno fatto richiesta di parto extraospedaliero, mentre il 98% ha inoltrato la domanda di rimborso all’Asl”.

Nella nostra regione e, in particolare, nella nostra provincia, qual è la misura del fenomeno?

“In Campania le ostetriche che assistono a domicilio sono poche e si assistono una ventina di parti ogni anno: nella nostra provincia di Salerno ne abbiamo circa una decina”.

E’ una pratica, quella del parto fra le mura domestiche, non esente da rischi..

“I rischi del parto in casa sono gli stessi del parto spontaneo: la differenza è che in caso di problematiche in casa non si hanno i presidi necessari alla soluzione del problema, per cui la paziente dev’essere trasportata in ospedale. E’, infatti, opportuno, che quando si intraprende un percorso del genere, vi sia un ospedae nelle immediate vicinanze. E’ altresì, importante, fare una corretta selezione delle pazienti che scelgono questo tipo di procedura. Non a caso, si potrebbe pensare allo sviluppo di case-parto in prossimità di ospedali, in modo da garantire un loro trasferimento in sicurezza”.

Da ginecologo, come vede il ricorso a questa pratica?

“Dai dati in nostro possesso non c’è un ricorso eccessivo nella nostra regione e nella nostra provincia: è sicuramente una bella esperienza, ed è un auspicio che un sempre maggior numero di persone, selezionando con correttezza i casi, possa scegliere questo tipo di procedura”.

Perchè?

“Un parto in ospedale dal punto di vista della metodologia, se naturale, è identico a quello che avviene in casa. La differenza è che sono disponibili tutti i presidi necessari in caso di complicanze. Tuttavia, non bisogna pensare di incorrere nella complicanza ed è opportuno selezionare bene i casi. Non è un’avventura, in molti specie fino a cinquant’anni fa sono nati in casa, non ci si può chiudere completamente a quest’ipotesi, ma occorre raggiungere una giusta attenzione mantenendo una integrazione con le strutture ospedaliere di secondo e di terzo livello che esistono sul territorio”. 

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