Musica e internet, talent e underground: parola a Luca Visconti

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Il noto giornalista offre un’attenta analisi dell’impatto di internet sulla musica e indaga le proposte locali

di Davide Bottiglieri

Dal 1994 si occupa di musica underground, in particolare di heavy metal, hard rock, A.O.R, prog e gothic scandinavo, e ha collaborato con riviste come Flash, Metal Shock e X.l, Albartros, portali (Rock.it, Babylon), creando nel 2006 la webzine Disintegration magazine. Successivamente, ha curato una rubrica settimanale sul quotidiano di Salerno La Città (gruppo Espresso) sulla realtà musicali salernitane e da 11 anni si occupa di comics, spettacoli, musica leggera e rock sul Mattino di Salerno. Nel 2010, insieme al label manager dell’etichetta My Kingdom Music, ha dato vita all’agenzia di promozione musicale Mkm promotion, che ha selezionato decine di gruppi capaci di raggiungere un contratto discografico.
Insomma, Luca Visconti è uno che la musica ce l’ha nel sangue, e scrive articoli come se componesse sullo spartito.

Cosa si intende per musica underground?

Il concetto può essere inteso in diversi modi. Dal mio punto di vista, qualcosa che non sia legato al concetto di mercato, pur comprendendo che un gruppo per vivere deve vendere dischi, avere download, streaming e suonare dal vivo. Non c’è una musica underground ma una vera e propria forma mentis. Amo molto il metal, l’hard rock, il prog, la dark wave e l’Aor, ma non per forza devono essere inglobati in questo concetto, perché tanti di gruppi che rientrano in questi generi magari vendono lo stesso tanto dischi, quindi possono essere considerati mainstream. Anche chi suona pop lo può fare in maniera underground, che, ripeto, è una forma d’essere che va al di là del genere. Chiaramente un gruppo black metal polacco sarà sicuramente più underground di uno inglese che suona art rock, ma l’importante per me è che il loro sound sia spontaneo e lontano da mere logiche di business e catene dettate dalle case discografiche.

Come l’ingresso e l’evoluzione di internet hanno modificato il modo di fare e promuovere musica?

Inutile negarlo: tantissimo. Numerose band nemmeno le conosceremmo se non ci fosse stato il web, che diventa necessario per farsi sentire da tutti, per interagire con i fans e per dare la possibilità, a chi non può permetterselo, di vedere un concerto intero su Youtube o altre piattaforme. Quindi, c’è un modo diverso di approcciarsi al mercato rispetto a prima, visto che adesso abbiamo la possibilità di scaricare un lavoro e, per chi è davvero appassionato, di farsi una idea prima di comprare un cd o andare ad un concerto. Come tutte le cose, va utilizzato nella maniera giusta e con intelligenza, altrimenti la vita di artista dura poco, anche perché la vera prova del nove resta sempre l’impatto dal vivo. Lì capisci se una band è valida o meno: in studio ormai si può nascondere ogni errore, quando sei in un live è molto più complicato e la gente lo percepisce.

In che modo questo processo ha influito sul fare giornalismo a riguardo?

Sono stato uno dei primi, dieci anni fa, ad aprire un portale che si chiamava Disintegration.it. Ci leggevano da ogni parte del mondo e siamo stati, io e la mia squadra di allora, degli antesignani delle cosiddette webzines. Questo modo di comunicare mi ha fatto cambiare: se prima per scrivere recensioni su giornali cartacei utilizzavo tipo 5mila battute, ho subito capito che le persone per leggere e farsi una idea su un gruppo, dovevano leggerne 1000-1500. Cose veloci, da capire subito, se ci pensi molto simile alle pillole che girano sui social di 1 minuto. La gente vuole la sintesi, non un puro esercizio di stile e da questo punto chiaramente il mio modo di comunicare, e penso di tanti miei colleghi, è cambiato molto rispetto a 10 /15 anni fa. Chi non è stato capace di adeguarsi, ha finito per scomparire sul web e credo che anche la carta stampata abbia modificato molto questo linguaggio, cercando di renderlo più asciutto e semplice rispetto a un tempo, per arrivare subito al cuore di chi legge.

I cosiddetti “talent”, ovvero i programmi tv alla ricerca del fenomeno mediatico e musicale: reale opportunità o mortificazione dell’arte?

Vera mortificazione dell’arte, anche perché quei pochi che hanno un briciolo di talento difficilmente fanno quello che vogliono e spesso sono manovrati come delle marionette. Personalmente ho visto artisti bravi in alcuni talent, ma ce ne siamo dimenticati in pochi anni, mentre voci inespressive, musicisti che non sanno suonare e formazioni con poco arrosto vanno avanti. Ma il tempo è sempre galantuomo e alla fine il sipario cala per tutti. Se non hai studiato, fatto esperienze, suonato con gente con gli attributi, ed in primis ascoltato tanta ma tanta musica, non vai da nessuna parte.

Quali reali possibilità offre la provincia di Salerno ai gruppi emergenti?

Poca, si suona in alcuni festival ma spesso i gruppi si spostano al Nord per avere visibilità. Ci sono diversi locali che resistono e propongono discreti programmi ma ho notato che sono quasi sempre le stesse persone ad esibirsi anche nei concerti estivi. A livello discografico abbiamo delle piccole ma valide realtà, che sono un porto sicuro principalmente per i gruppi rock, ma diciamo che la scena vive di eventi in cui, secondo me, si dà spazio sempre ai soliti dal vivo e si ignorano tante realtà che vengono da generi come il progressive, l’hard rock ed il metal che, invece, vengono chiamate all’estero per fare tour.

Quali generi di band musicali vanno per la maggiore a Salerno e provincia?

Salerno è la città del jazz, poi ci sono i gruppi indie, ma si dovrebbe capire che intendiamo con questa definizione e ovviamente la musica classica. Gli altri generi che, per esperienza personale in paesi come Germania, Svezia e Olanda sono messi allo stesso livello di pop, rap e sonorità commerciali, nella nostra provincia sono ignorati completamente. Mi piace ricordare una band come i salernitani Heimdall, metallers che negli anni ’90 hanno avuto un grande successo anche in Giappone, vendendo migliaia di copie, ma che in Campania pochi conoscono. E pure fanno le scarpe a tanti pseudo virtuosi dello strumento.

Cosa c’è e cosa manca nel settore giornalistico (locale) per fare informazione e promozione nel settore musicale?

L’esperienza e la conoscenza di tutti i filoni musicali. Si cerca di stare sul pezzo, ti arriva il trapper di turno e ovviamente non lo puoi ignorare, ma devi sempre avere la voglia di conoscere nuovi gruppi e generi per pensare con la tua testa. Devi andare oltre, cercare ed ascoltare tanto. Dico sempre che: pur avendo sentito penso oltre 100mila dischi, devo trovare ancora quello della mia vita, quello che mi fa sobbalzare dalla sedia.

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