Salerno, il caro mensa sulla pelle dei cittadini

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di Aurelio Tommasetti*

L’aumento del costo del pasto giornaliero del servizio di refezione scolastica, rispetto allo scorso anno, da un minimo di cinquanta centesimi ad un massimo di un euro e quarantacinque centesimi al giorno rappresenta un grave attacco al diritto allo studio e, allo stesso tempo, il segno dell’inadeguatezza della governance cittadina e regionale facente riferimento al presidente De Luca.

Si tratta, innanzitutto, di un grave attacco al diritto allo studio, e questo per due ordini di motivi differenti: in primis, perché con un Isee da 15.001,00 euro si è costretti a versare ben 90 euro al mese e con un Isee di oltre 24.001,00 euro il costo del servizio sale addirittura a 119 euro mensili.

Ciò comporta, su base annua, il versamento, nelle casse del comune, di un mese di stipendio medio per ciascun figlio in tale età scolastica: un fardello, quest’ultimo, che si aggiunge all’aumento incontrollato del costo del trasporto scolastico ed al caro libri.

L’Amministrazione comunale di Salerno giustifica tali aumenti tariffari per far fronte al mostruoso disavanzo accumulato in anni di gestione politica ed economica di fatto fallimentare: con il rendiconto 2021 la Giunta comunale di Salerno ha certificato un disavanzo di amministrazione di € – 169.967.402,76, pari ad un disavanzo pro-capite di € 1.315,51 (Deliberazione di Giunta n.196/2022).

Ciò è stato causato dal non aver saputo programmare le spese in rapporto agli effettivi trasferimenti erariali  ed al prelievo fiscale locale, generando difficoltà finanziarie aggravate dalla scarsa capacità di riscossione delle entrate da parte del Comune, sia in fase ordinaria che in fase coattiva. I risultati di tale impostazione, fatta di sproporzionati aumenti tariffari, sono ovviamente negativi non solo per i ragazzi e le loro famiglie, ma per la stessa  comunità cittadina nel suo complesso: infatti, a fronte di tali rincari, la gente finisce per rinunciare al servizio, come già verificatosi per circa ottocento famiglie salernitane, mettendo in crisi, nel lungo termine, la sostenibilità economica e finanziaria dello stesso, per gli utenti e, forse, perfino per la gestione medesima del servizio.

Né appare  condivisibile il tentativo, da parte di vari esponenti della maggioranza, di minimizzare, anche in questi giorni, gli effetti negativi di tali aumenti: con le loro dichiarazioni dimostrano solo di non percepire  la gravità della situazione  nella quale, oltre vent’anni di amministrazione cittadina e sette di amministrazione della Regione Campania di stampo deluchiano, hanno portato i cittadini di Salerno e dell’intera Campania.

A Salerno si preannunciano, infatti, aumenti delle aliquote delle addizionali Irpef fino al 2026, aumenti delle tariffe dei servizi mensa, trasporti scolastici, palestre, asili nido, ed una significativa riduzione delle dotazioni organiche, con un prevedibile – ed inevitabile – peggioramento della quantità e qualità dei servizi erogati.

A sua volta sembra che anche l’intera Regione Campania stia precipitando in una situazione economica e sociale fuori controllo, evidenziando il fallimento di una gestione politica che ormai, anche la capacità oratoria e affabulatoria del suo Presidente, non riesce più a coprire e che i fatti pongono davanti agli occhi di tutti: per citarne solo alcuni tra i più recenti, la Svimez ha certificato che su 5.590.681 abitanti, della Campania, 2.807.116, pari al 50,2% del totale, risultano a rischio povertà ed esclusione; secondo poi la Cgia di Mestre, la Campania risulta essere la regione dove il numero delle famiglie che utilizza saltuariamente luce e gas a causa delle difficoltà economiche oscilla tra le 519 mila e le 779 mila unità. Inoltre, sempre secondo l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, le perdite causate dall’inflazione per ogni cittadino della provincia di Salerno, su base annua, sono state pari ad euro 1.389.

La Campania è stata la regione che per più tempo ha tenuto chiuse le scuole durante la pandemia, adottando la didattica a distanza: i frutti amari di tali scelte  e di una sottovalutazione del ruolo strategico del diritto allo studio, come hanno dimostrato  anche gli ultimi dati di Save the Children e dell’Invalsi, riportati anche dalla stampa locale, sono stati l’abbandono precoce degli studi da parte dei minori che, nella nostra regione, raggiunge il 16,4% a fronte di una media nazionale del 12,7%, la dispersione implicita che in Campania sale al 19,8% rispetto a quella  nazionale del 9,7% e la circostanza che circa i due terzi dei diplomati salernitani non raggiunge il livello di competenze sufficiente in italiano e nelle materie matematiche e scientifiche.

Gli amministratori comunali e quelli regionali non possono abbandonare ad un inarrestabile declino i ragazzi e le loro famiglie, specie quelle più fragili, che ora sono in aumento non solo tra i ceti popolari, ma anche tra il cosiddetto ceto medio, dipendente e autonomo.

A tal proposito è, dunque, necessario che gli amministratori comunali di maggioranza che non condividono tali scelte di austerità e sacrifici per i più deboli, oltre che sollevare i problemi, passino all’azione, non votando i provvedimenti che ne rappresentano l’espressione; a loro volta c’è bisogno che le opposizioni e le forze sociali facciano sentire la loro voce e si mobilitino. D’altronde, anche i recenti risultati elettorali in Campania e nella città di Salerno, specie nei quartieri popolari, suonano come un imperioso avviso ultimativo per tutti, nessuno escluso.

La Giunta regionale della Campania, gli assessori per il diritto allo studio ed all’Università ed alla Ricerca non hanno nulla da dire e da fare in proposito: possibile che si impegnino per stanziare fondi per le luci di Natale, per lo stadio di Salerno, per stanziare 300mila euro per organizzare una sola manifestazione, seppur su tematiche importanti (iniziativa, quest’ultima, che poteva essere decentrata in tutti i territori della Campania, con poche spese e senza il carattere dell’adunata)?

Quest’ultima cifra, per esempio, se destinata al diritto allo studio, non avrebbe certamente potuto contribuire ad abbattere le tariffe mensa, e non solo a Salerno? Possibile che si pensi a tutto, e non a come ammortizzare e neutralizzare gli aumenti dei servizi agli studenti della scuola dell’obbligo? L’avvenire dei giovani campani vale meno di altri costosi spot elettorali più o meno ben confezionati?

All’attenzione degli amministratori di Salerno e della Campania pongo, dunque, una semplice riflessione, seguita da una proposta altrettanto immediata: come per gli studenti universitari degli atenei della Campania, ai quali la Giunta Regionale ha fissato, da parte sua, quale propria determinazione ed atto di indirizzo, il tetto massimo per un pasto completo a non più di tre euro, perché non disporre lo stesso per le scuole della Campania assumendo su di sé l’onere finanziario di rendere compatibile la spesa per le famiglie e gli amministratori locali di Salerno e tenuto conto dei legittimi interessi degli operatori economici e delle loro maestranze?

Si attendono risposte, e si preparano altre domande ed altre proposte sul futuro del diritto allo studio e della formazione in Campania e su tutte le altre tematiche di interesse generale ed attinenti al bene comune dei nostri territori e delle nostre popolazioni.

Va messo in campo, infatti, un nuovo modo di governare una regione che una volta era chiamata felice, e che può e deve rinascere, per essere ricostruita, sulla base di uno spirito comunitario, autonomistico e federale, che sia sicuramente solidale, ma, in ogni caso, inflessibilmente responsabile.    

* già Rettore dell’Università di Salerno, Dirigente Nazionale della Lega

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