Tutto il mondo è un palcoscenico

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di Gaetano Stella

Intere giornate chiusi in casa, qualche buona lettura e un po’ di televisione… appunti per progetti futuri, bozze di nuovi copioni da scrivere e un po’ di televisione… uno stimolante scambio di idee per telefono e poi…un po’ di televisione! C’è un denominatore comune nella scansione temporale della giornata: “un po’ di televisione”. Attenzione si usa “un po’” perché “troppa” sa di lassismo, di abbandono e, nel caso di un artista, anche un po’ di depressione. Quindi “un po’ di televisione”, ma per vedere cosa? Beh, un po’ di tutto: i vari telegiornali, le trasmissioni di intrattenimento, quelle di approfondimento, lo sport e poi le fiction vecchie e quelle nuove girate in piena pandemia, qualche film scelto, non senza difficoltà, tra le migliaia di proposte. Insomma, tutto un palinsesto variegato e diversificato in cui si parla sempre delle stesse cose ma, com’è giusto che sia in democrazia, con voci, toni e colori diversi. Qui la domanda sorge spontanea: E allora? Dov’è il problema? Il problema non è il “cosa”, quanto, piuttosto, il “come”.

Sì, il “come” si presentano i protagonisti di questo show mediatico. Tutti sono personaggi, comunicatori, in qualche modo artisti o, se volete, attori. Tutti. Non solo quelli delle produzioni cinematografiche o delle fiction, ma proprio tutti: presentatori e presentatrici ironici, brillanti, emozionanti; giornalisti che a seconda del personaggio, urlano, piangono, compatiscono e scherniscono; ospiti tuttologi capaci di analizzare con uguale capacità la gaffe di Fedez e il duplice femminicidio di Massafra; virologi che aspettano ore il collegamento per dare informazioni e numeri di cui eravamo già a conoscenza; operatori sanitari (straordinari) portati a proscenio per evocare sentimenti di commozione; criminologi, spesso anche di gradevole presenza, che disegnano agghiaccianti scenari di sangue, premeditazioni e violenza; gente comune che per parlare in trasmissione della scomparsa di un parente va prima, evidentemente, dal parrucchiere… e poi loro, veri protagonisti dello show: i politici. Una passerella da varietà in cui le parole, come battute a memoria, vengono ripetute fino alla noia con una assoluta mancanza di partecipazione emotiva. Frasi fatte di vecchio politichese giusto per collocarsi nell’Arco Costituzionale, guardando con occhi fissi la telecamera per penetrare le nostre anime, partecipando continuamente a trasmissioni televisive come se fossero testimonial di un nuovo prodotto da lanciare sul mercato… Tutti attori!

E’ vero che William Shakespeare nel suo “Come vi piace”, durante la scena settima del secondo atto scrive: “Tutto il mondo è un palcoscenico, dove tutti gli uomini e tutte le donne, non sono che attori”. Ma in questo momento storico in cui i Teatri sono chiusi e gli attori, con tutti gli operatori dello spettacolo sono fermi, vorrei tanto che sul palcoscenico del mondo si muovessero i professionisti e non queste sbiadite, arroganti, scialbe imitazioni.

Caro Shakespeare, sicuramente tutto il mondo è un palcoscenico per tutti gli uomini e le donne, ma per gli attori, quelli veri, un palcoscenico è tutto il mondo.

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