Album di Famiglia, la delicatezza di Maria Capasso

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Era una notte fredda, molto fredda, dal profumo nostalgico, sembrava quasi la cartolina di qualche città piovosa. La teiera borbottava sul fuoco e, prima che l’acqua diventasse un accumulo di calcare, Nora spense la fiamma e versò l’acqua bollente nella vecchia tazza che le aveva comprato sua madre. Era un set di ceramica lavorata con diversi colori: sei tazzine da caffè, sei tazze da tè, sei tazze alte. Le ultime erano quelle di cui Nora aveva davvero bisogno, e usava sempre la stessa. Aveva più sapore il tè in quella tazza, era parte dei piccoli rituali che la facevano sorridere.”

Così si apre il romanzo di Maria Capasso, un incipit che concede il primo assaggio di quella che sarà una storia piena di sapori, proprio come il tè di Nora, la protagonista. Si aspetta un po’ prima di avere maggiori informazioni sull’ambientazione e non è un caso: le prime righe devono trasmettere un senso di intimità prodromico di un viaggio che scava dentro. E allora siamo catapultati in una cucina accogliente, mentre fuori fa freddo, con Nora che subito ci fa tenerezza per l’insensato affetto per i gesti ripetuti e consuetudinari, una routine che caratterizza la vita della protagonista, ma che viene spezzata da un evento che rappresenta il dito che fa cadere il primo tassello di un domino ancora sconosciuto.

Ma andiamo per gradi. Pensate di dover assaporare un tè caldo anche voi ed ecco che avrete in automatico il ritmo da attribuire a questa lettura. Siamo a Firenze, città dell’arte per antonomasia, nascondiglio ideale delle anime sensibili. Nora è una di queste. Una ragazza sveglia e intelligente a cui non sfugge nulla, nemmeno le crepe che collegano i membri della sua famiglia e che da sempre erano state nascoste dalla madre. Da qui la scelta di allontanarsi da Napoli e trasferirsi nel capoluogo toscano, un trasloco che ha più il sapore della fuga, di cui la protagonista è esperta. Gli animi sensibili sono spesso i più vulnerabili e quando soffri hai due sole alternative: o fuggi, o nascondi il cuore nell’angolo più recondito di un castello che costruisci con il tempo, mattone dopo mattone.

Nora fa entrambe le cose e scappa da una visione troppo dolorosa di una famiglia solo all’apparenza felice, iniziando una vita che la soddisfa in parte, come un pasto che nutre ma non sazia. Lavora in una libreria che le permette di conciliare le sue due passioni: la solitudine e la lettura. Le relazioni amorose sono un lusso per chi conosce bene le date di scadenza e Nora le vive con velocità e distacco prima che vadano a male, per poi attuare sempre lo stesso modus operandi che le garantisce la salvezza di un cuore già graffiato.

L’autrice riversa nelle pagine tanto di sé, lo si percepisce. Durante la lettura ci si domanda quanto ci sia di Maria Capasso tra le pagine perché Nora ne assume i suoi colori e la sua fisionomia. “Perché questo attaccamento al tè?” “Perché Firenze?” “Quali sono queste ferite?” “Quanti nodi stringono l’autrice ai suoi affetti?” Sono tutte domande che un lettore poco attento probabilmente non si porrebbe, ma chi ha gli occhi di Nora non può far a meno di volerci capire di più. Si rischia di essere invadenti, ma questo è un rischio che lo scrittore conosce bene.

Il punto di svolta della trama si ha praticamente all’inizio (sembra strano), ma è un’idea vincente perché dà la possibilità al lettore di fantasticare sulle pagine non scritte che anticipano la storia. Un evento drastico costringe la protagonista a mettere in discussione le sue convinzioni e l’idea che ha di se stessa. È come se, mettendo in ordine una libreria, vi trovaste di fronte a un album di famiglia e in modo del tutto impulsivo lo prendeste, iniziando, sfogliandolo, un viaggio a colori o in bianco e nero attraverso gli anni. Poi vi rendete conto che dietro l’album che avete raccolto ce n’è un altro, mai visto prima, con foto diverse, poco attinenti alle prime. Foto che ritraggono gli stessi visi, ma con espressioni diverse, assunte durante eventi di cui non eravate a conoscenza e capite che c’è molto, molto di più da sapere e che fino ad allora avete osservato il quadro solo dal buco della serratura. Aprire la porta, però, è pericoloso perché non tutto quello che si vede lo si accetta. D’altronde si modella l’argilla, ma non la terracotta e certe temperature possono spaccare senza possibilità di ricostruire i cocci.

Nora inizia un percorso catartico fondamentale per sé e per chi le sta intorno. L’arrivo di Marco nella sua vita è provvidenziale in quanto, in un percorso tutto in salita, è lecito voler prendere fiato e quando c’è qualcuno a cui appoggiarsi si ha la certezza di non cadere.

Il mondo ovattato di Nora, costruito per attutire i colpi della vita, cambierà in modo definitivo, fino a portarla dall’altra parte del mondo per affrontare a muso duro una verità scomoda. Vedete, pertanto, come la protagonista muti e noi con lei, perché se prima ci faceva tenerezza, adesso ne siamo orgogliosi. Nora ci insegna che ci sono tante forme di coraggio e non solo una, che non accettare compromessi non deve significare arroccarsi dietro uno scudo! Così come il tè non è solo acqua calda e zucchero mescolato, la vita non va vissuta con superficialità, ma assaporata a sorsi e resa nostra e, perché no, magari con qualche rituale che ci fa sorridere!

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