Amministrative: i meriti di Vincenzo De Luca, i demeriti altrui

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L’analisi del voto di domenica ha numerosi aspetti che meritano un approfondimento. Partiamo dal referendum e il dato di una affluenza ai minimi storici. Il non voto da anni, ormai, è tendenza consolidata. Tanto più su questioni referendarie dal carattere prettamente tecnico, nascoste perfino da alcuni partiti promotori, nonché dai grandi media. E al di là della giornata di sole e di mare c’è chi volutamente ha scelto di non recarsi alle urne. Tra i motivi la scarsa considerazione del voto degli elettori, consolidata nel tempo, a partire dal cosiddetto governo tecnico Monti per poi arrivare ai giorni nostri, con l’«insalatone» politico Draghi. Legislature che pur di non restituire la parola al popolo, anche nei momenti più bui e senza numeri, hanno preferito «tirare a campare» alla andreottiana maniera. Tra poco meno di un anno si rivoterà per le politiche. I sondaggi segnano una grossa fetta di indecisi e di persone che si asterranno. E mentre si discute di legge elettorale, modifiche e collegi, ci si dimentica che sempre da un buon decennio a questa parte, i parlamentari hanno perso il contatto con la gente sui territori. Basti pensare che eccenzion fatta per esponenti da prima Repubblica, nessuno ha mai più allestito una minima segreteria politica sul territorio, preferendo, in alcuni casi, portaborse parenti invece che veri assistenti. Il Movimento 5 Stelle sta pagando un prezzo altissimo e se la cura Conte non funzionerà (come non sta funzionando) sarà costretto a cambiare completamente pelle – a partire dal nome – prima di scomparire definitivamente. Il Movimento paga il suo cambio di rotta a 360 gradi: dal cambiamento, alla rivoluzione, all’accordo con il Pd (nemico giurato), al sostegno a Draghi. Di cambiamento non è rimasto più nulla, così come nessun parlamentare ha saputo mantenere il contatto diretto con i propri rappresentati. Caso più unico che raro, la vittoria sul collegio uninominale a Salerno, di un parlamentare cinque stelle, sciupata già dopo qualche mese e fagocitata immediatamente da chi era stato sconfitto ma ripescato su altro collegio blindato. Insomma Piero De Luca, figlio del governatore della Campania, Vincenzo che ancora determina e incide sul territorio. Infatti, aprendo il capitolo amministrative: il centrodestra vince in Italia ma perde pesantemente in provincia di Salerno. Anche questo un caso più unico che raro. I deluchiani sotto l’ombrello dem trascinano i sindaci dei comuni superiori ai 15mila abitanti, evitando così nei tre casi il ballottaggio. Paolo De Maio a Nocera Inferiore, Antonio Somma a Mercato San Severino e Roberto Mutalipassi ad Agropoli. Qui, in quest’ultima realtà, la linea dettata da Franco Alfieri è ancora quella vincente, nonostante le turbolenze pre elettorali, la sfiducia al suo ex delfino, la scelta di un nuovo candidato sindaco.
Meriti propri dei candidati? Sicuramente ma anche e soprattutto demeriti altrui. Come del centrodestra che anche stavolta ha perso la sua occasione. Così come perde costantemente nella città di Vincenzo De Luca, un po’ per incomprensione, un po’ anche per disorganizzazione e mancanza di una vera proposta alternativa. Forza Italia fa storia a sé, considerando che al momento manca perfino il coordinatore provinciale, dopo la prematura scomparsa di Enzo Fasano. La Lega, senza simbolo, è soprattutto agganciata a vicende nazionali più che interessi territoriali, tenuto conto dello scarso radicamento. Resiste Fratelli d’Italia, oggi che viaggia con il vento in poppa ma da sempre strutturato come un partito alla vecchia maniera. Referendum e amministrative, insomma, aprono nuovi scenari presenti e futuri della politica italiana che devono tenere conto di un elemento base fondamentale: ricostruire il rapporto con la gente.

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