Costretto ad andare in tribunale per poter frequentare la scuola

0
485

“Perché l’unico modo per avere un diritto sacrosanto sulle necessità dei nostri figli con disturbo dello spettro autistico è adire alle vie legali?” La domanda è lecita, soprattutto se a porla è la famiglia di un ragazzo con spettro autistico e con delle disabilità che – spesso – voce non ne ha, ma trova la sua forza di “denunciare” le ingiustizie attraverso la voce forte e determinata di due genitori che vorrebbero soltanto la felicità del proprio figlio oltre al rispetto per quest’ultimo nei diritti. Certo, la domanda è lecita ma – nel 2022 – non dovrebbe esistere un quesito del genere. Almeno non quando – istituzioni e società – sono pronte a colorare di “blu” facciate di Palazzi e ad organizzare convegni di sensibilizzazione che però nella realtà dei fatti, spesso lasciano il tempo che trovano. Una testimonia tangibile è la storia che arriva dalla provincia di Salerno, dove una famiglia ha dovuto lottare per vedersi riconoscere le ore scolastiche con un’insegnante specializzata, oltre a quella di sostegno che spettavano al proprio figlio. Lottare psicologicamente ed economicamente, pur di non lasciare indietro un ragazzo che cresce, nonostante non sia al passo con gli altri. Accade in provincia di Salerno ma accade anche a Salerno, dove da tempo molte famiglie denunciano i pochi servizi messi a disposizione in città per chi vive una disabilità tanto da costituire (in sede di campagna elettorale di questo anno per le amministrative) una vera e propria lista di genitori, amici e parenti – con un candidato sindaco – per difendere diritti e portare alla luce in Consiglio comunale la delicata questione della quotidianità di famiglie con figli e/o nipoti autistici. “Da anni si cerca di far capire agli enti preposti del territorio della provincia di Salerno (scuola, Comuni e ambiti sociali) l’importanza del servizio di specialistica scolastica per un soggetto autistico. La figura dell’assistente per uno studente autistico a scuola è l’importante trait d’union tra la famiglia, il lavoro terapeutico/abilitativo che si svolge nei vari ambienti di vita e lo stesso lavoro svolto a scuola ed è l’unica figura che può portare in ambito scolastico le indicazioni dei professionisti che valutano e decidono le strategie di intervento”. E’ quanto scrivono e spiegano i genitori di un ragazzo salernitano che hanno vissuto sulla propria pelle le difficoltà e gli ostacoli con cui chi convive con una disabilità o un disturbo ha a che fare quotidianamente. “Secondo il decreto 66/2017 che regolamenta la normativa sull’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a fine anno scolastico bisogna indicare nel PEI (Piano Educativo Individuale) il bisogno delle risorse da affiancare all’alunno per l’anno scolastico successivo. Così è stato fatto nel delicato passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado – sottolineano – con riduzione delle ore di insegnante di sostegno erogate dalla scuola, da 22 si è passati a 18, con il cambio dell’insegnante di sostegno, con il gruppo classe rinnovato e con gli insegnanti curriculari che non conoscevano la problematica di nostro figlio nè sapevano approcciarsi a lui. La figura della specialistica scolastica diventava essenziale e fondamentale per permettere la frequenza a scuola dell’alunno e quindi il GLO (Gruppo Lavoro Operativo) valutava di inserire nel PEI il bisogno di 15 ore settimanali di operatore, da sommare alle 18 ore di insegnante di sostegno, per affiancare l’alunno autistico e coprire le 32 ore scolastiche settimanali con una sola ora di co-presenza per rapportare strategie e risultati tra le due figure. Negare l’assistente specialistica su nostro figlio sarebbe come negargli l’accesso all’istruzione, sarebbe come pretendere che un alunno con disabilità motoria raggiunga l’aula con le sue gambe o che un non vedente studi sugli stessi testi scritti e utilizzati dai compagni”. E di qui gli ostacoli sul loro percorso: “Nonostante varie richieste e diffide agli enti competenti per avere questo monte ore nostro figlio iniziava l’anno scolastico e per tutto il mese di settembre con zero ore di assistente specialistica per poi passare dall’1 al 31 ottobre a 5 ore settimanali provvisorie e dal 2 novembre a 7 ore settimanali in maniera definitiva. Il ricorso per le vie legali al tribunale di Lagonegro si è reso necessario in quanto le comprovate problematiche comunicative, relazionali e comportamentali, connesse alla disabilità autistica non consentono a nostro figlio di rapportarsi in maniera consona e socialmente adeguata al contesto in cui ci si trova e anche perché l’insegnante di sostegno dello studente era al suo primo incarico e la famiglia si è fatta carico, a proprie spese, di inviare l’assistente a scuola per dare le indicazioni necessarie all’insegnante di sostegno e agli insegnanti curriculari. Il giudice di prime cure non ha ritenuto di intervenire nell’immediato valutando che non vi erano i giusti presupposti per un decreto cautelare ma ha rimandato l’udienza al 23 novembre, cioè ad anno scolastico abbondantemente in corso. In questo periodo, essendo addirittura cambiata nuovamente, il primo novembre, l’insegnante di sostegno, c’è stata la volontà da parte della famiglia di far comprendere la situazione delicata per lo studente agli enti preposti quali la scuola, il comune e l’ambito sociale che ha portato dei sindaci dell’ambito a spingere per far rispettare le richieste del GLO inserite nel PEI per i bisogni di nostro figlio. Il 22 novembre, cioè il giorno prima dell’udienza il piano sociale di zona eroga le ore spettanti a nostro figlio e quindi, il 23 novembre, il giudice e le parti dichiarano la cessata materia del contendere (anche se più di due mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico) e si riaggiornano per l’udienza definitiva del 14 dicembre. Il 20 dicembre, incredibilmente, il giudice di prime cure ritiene che non sussistevano, a settembre, i presupposti per il ricorso cautelare da parte dei ricorrenti, che non è stata dimostrata la discriminazione indiretta sul minore e che il Piano Sociale non aveva opposto un diniego definitivo ma aveva solo esposto difficoltà organizzative, condannando, addirittura, la famiglia alle spese di lite. Oltre la beffa, il danno. Inevitabile a questo punto il reclamo al collegio del tribunale di Lagonegro da parte della famiglia dello studente con spreco di risorse fisiche, mentali ed economiche con l’altra parte che difendeva la propria posizione scaricando molte delle proprie responsabilità sulla scuola come ad esempio sostenere il fatto che l’ambito non aveva ricevuto nessuna comunicazione del bisogno dello studente e del fatto che lo studente frequentasse la scuola con un PEI nullo. Motivazioni assurde. Per fortuna il lieto epilogo con l’ordinanza definitiva del collegio di Lagonegro del 11.04.2022 che ristabiliva giustizia e diritto con la condanna alle spese, per la controparte, di ambo i gradi di giudizio, ma soprattutto il ribaltamento totale dell’ordinanza del giudice di prime cure. Si conclude con una riflessione: perché è necessario adire alle vie legali per un diritto sacrosanto di un soggetto disabile con spreco di risorse economiche, intasamento dei tribunali e perdita di stabilità già labile per una famiglia costretta a vivere un disagio quotidiano? Resta il fatto che la famiglia ha dovuto sostenere la spesa per due mesi per l’assistente specialistica e che i soldi che l’ente preposto dovrà pagare, come spese legali, potevano essere sfruttati per soddisfare le esigenze di altri alunni con disabilità”. La giustizia alla fine sembrerebbe aver fatto il suo corso, ma in ritardo. E non senza lasciare alcuni strascichi dietro di sé. Ma perché ricorrere sempre alla giustizia e all’esterno, per qualcosa che spetta a tutti e per un diritto? E’ una domanda a cui nessuno (o quasi) riesce ancora a dare una risposta. 

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here