Magliocca: «Dai Salesiani al Marassi»

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di Matteo Maiorano
«La mia carriera? Partita dalla chiesa dei Salesiani». E’ iniziata davanti allo storico punto di ritrovo religioso, la carriera di Antonio Magliocca. Terzino sinistro ambidestro, dopo un breve colloquio fu condotto a Vietri, sotto lo sguardo vigile di Enzo Campione e Felice Moscariello. La sua carriera è poi proseguita lontano da Salerno: Cavese, Sampdoria, Messina e Rimini le tappe più significative della carriera di Magliocca, il quale non ha mai dimenticato lo storico campetto di Marina, che ha fatto di lui prima un uomo e poi un calciatore.
Cosa ha rappresentato per lei il Vietri-Raito?
«E’ stato l’inizio della mia carriera calcistica, la mia rampa di lancio. Sono molte le persone che devo ringraziare di quello staff incredibile. Don Nicola Gregorio, l’allenatore, mi ha formato sia come uomo che come calciatore. Un padre per tanti di noi: personalmente, ho imparato da lui anche come si calcia un pallone. Ci metteva davanti alle force, dei palloni appesi con le corde, che sono ancora attaccate a Marina di Vietri e dalla mattina alla sera ci insegnava a calciare. 
Un maestro di vita sotto tanti aspetti, don Nicola Gregorio…
«E’ stato un educatore pazzesco. Nel prosieguo della mia carriera, una persona così dedita alla formazione dei giovani non l’ho più ritrovata. Gli allenatori dei massimi campionati italiani sono più legati alla carriera e meno all’aspetto umano: è ovvio che in B non si parte dalle basi. Ho rivisto i suoi insegnamenti in Giuseppe Papadopulo, il quale mi ha allenato ai tempi del Sorrento nel campionato ’87-’88. Non faceva mai un allenamento uguale all’altro: in 250 giorni altrettante sedute diverse, una cosa spaventosa. Bravo a tenere su l’attenzione».
Dalle nostre colonne è partita l’iniziativa di intitolare il campetto di Marina a Giovanni D’Acunto…
«Sarebbe stupendo. Se non ci fosse stato lui, tutta la grande famiglia del Vietri-Raito non sarebbe mai esistita. Era uno di quei dirigenti che ti faceva sentire la propria vicinanza in ogni momento della giornata. Stiamo parlando di una persona incredibile, con valori umani altissimi, ci seguiva ovunque».
Chi l’ha condotta a Vietri?
«Le persone a cui devo dire grazie sono Enzo Campione e Felice Moscariello. Mi hanno preso per mano e portato alla corte di don Nicola Gregorio. Mi hanno scoperto davvero per caso: stavo giocando con degli amici presso la piazzetta della chiesa dei Salesiani, in via Francesco La Francesca. Terminavo la scuola e mi recavo spesso lì con gli amici. Passavano di lì e si sono fermati a guardare la partita che avevamo organizzato: dopo un po’ di tempo mi sono venuti vicino e mi hanno chiesto se mi andasse di allenarmi con loro a Vietri. La mia carriera è nata così, per caso, davanti ad una chiesa. Mi condussero a Marina insieme ad altri due miei compagni di classe: Marco Di Lorenzo e Gino Pullo».
Un calcio d’altri tempi del quale si sente nostalgia a tutte le latitudini…
«C’era veramente passione, non vi era altro interesse al di fuori di far crescere i ragazzi. Dopo qualche anno approdai, con altri miei 6 compagni di squadra, alla Cavese, insieme al massaggiatore Peppe Grassi. Dopo l’esperienza metelliana, mi sono trasferito all’ombra del Marassi: ho esordito in serie A con la maglia della Sampdoria. Tornai poi alla Cavese: sfiorammo un’incredibile promozione in massima serie. Ma la soddisfazione più grande fu inevitabilmente il trionfo a San Siro contro il Milan. Ho poi giocato a Messina, Sorrento, Trento, Rimini e nel finire della mia carriera a Matera e Rossano Calabro».

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