Non è un paese per…donne. Tassi occupazionali pari al 2008

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Cittadino: “Un’azienda salernitana, in cui sono tutte donne a fare le terapie domiciliari sono tutte con falsa partita iva e vengono pagate sette euro a prestazione”

di Martina Masullo

Troppo spesso costrette a scegliere tra maternità e lavoro, con posizioni professionali deboli, contratti di la- voro poco stabili e part-time, redditi più bassi rispetto a quelli degli uomini che rivestono pari ruolo e pensioni inferiori. Sono le donne italiane, in particolare quelle del sud. Siamo nel 2022 e i dati occupazionali relativi al lavoro femminile sono tutt’altro che rassicuranti. Il tasso di occupa- zione femminile, in Italia, rimane bloccato al 47,7% e dal 2011 al 2021 il tasso di attività femminile è salito dal 52,4% al 53,7%. La situazione è fortemente peggiorata durante la pandemia – tanto da ritornare ai livelli occupazionali del 2008 – quando dei 444 mila posti di lavoro persi 312 mila sono quelli delle donne. Il fatto è che i contratti di lavoro delle donne sono i più instabili e, molto spesso, non prevedono la modalità in smart working. In Campania, la situazione è ancora più allarmante. Lo studio Ires-Cgil relativo all’anno 2020 porta alla luce la disparità di genere che ancora esiste – anzi, oggi è aumentata a causa della pandemia – tra uomini e donne e quanto, in generale, sia lenta la crescita occupazione femminile rispetto a quella maschile. In Campania, meno di una donna su tre ha un lavoro e, nella gran parte dei casi, si tratta di lavori poco qualificati, pagati fino a 300 euro meno degli uomini. E se si osserva la situazione delle singole province c’è da rimanere senza fiato. A Salerno il tasso occupazione relativo all’anno 2019 – per la fascia di età che va dai 25 ai 35 anni – è del 54% per gli uomini contro il 33% per le donne. Nel 2020, mentre per gli uomini il dato sale al 57%, per le donne scende al 32%.

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