Sistema Salerno, “Non erano vere coop sociali, chi doveva controllare non lo ha fatto”

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Nuova udienza alla cittadella giudiziaria per Nino Savastano e Fiorenzo Zoccola, nell’ambito del procedimento sul presunto scambio tra voti e appalti al Comune di Salerno. Quinto appuntamento in tribunale oggi per i due imputati, entrambi presenti in aula insieme ai rispettivi avvocati e al consulente della Procura – Antonio Falco –  che è stato ascoltato in aula. Le cooperative sociali “non sono realmente sociali perché al loro interno non vi è (almeno) il 30% di operatori e lavoratori realmente disagiati”. E’ questo quanto sottolineato durante l’udienza di oggi (cominciata alle 15 alla cittadella giudiziaria) dal consulente Falco, nell’ambito del processo. Secondo quest’ultimo – infatti – non sarebbero stati portati a termine neanche i dovuti controlli da parte degli enti preposti proprio sulle coop, per verificarne – appunto – la regolarità. Se la terza udienza (quella del 14 marzo) è stata l’occasione per discutere dell’ammissione delle prove, nella quarta udienza (il 4 aprile) si sarebbe dovuto decidere sull’eventuale utilizzo delle intercettazioni, con l’ammissione appunto di queste ultime. Le conversazioni, captate dagli investigatori, sono finite agli atti del procedimento che è entrato nel vivo. Ma anche oggi si è deciso così di non decidere o meglio di non sciogliere la riserva sulla questione. Gli avvocati che difendono gli imputati avevano già tentato la non ammissione proprio delle intercettazioni agli atti, risultato di un “trojan” installato all’interno dei dispositivi. Precedentemente, nell’udienza dello scorso mese, erano stati nominati anche i primi testimoni: l’ex assessore alle politiche sociali di Palazzo di Città Nino Savastano ha al suo fianco come teste il primo cittadino Enzo Napoli (imputato anche lui nell’inchiesta) e l’oramai ex Felice Marotta. Non sono stati depositati intanto gli “omissis” delle intercettazioni: segno che proprio da questi ultimi sia nata un’altra indagine ancora in corso, che vede anche Vincenzo De Luca tra gli indagati. L’appuntamento ora è fissato al 13 giugno per la prossima udienza.

LA VICENDA

Il vaso di Pandora fu scoperchiato dai magistrati di Salerno, coordinati dal procuratore generale Giuseppe Borrelli, mostrando un vero sistema di potere dove politici e imprenditori davano vita ad una ragnatela di rapporti capaci di determinare scelte amministrative e politiche, dai voti agli appalti, dalle assunzioni ai favori. Nelle intercettazioni telefoniche e ambientali e nei materiali sequestrati negli uffici del boss delle cooperative salernitane Fiorenzo “Vittorio” Zoccola, emersero anche altre figure politiche come il consigliere regionale Franco Picarone e Roberto De Luca, figlio del presidente della Regione. Le cooperative, nella tesi dei magistrati confermata dalla gola profonda Vittorio Zoccola, che aveva inizialmente collaborato con gli inquirenti, ricevevano continuità negli appalti del Comune di Salerno in cambio di voti. Le comunicazioni si fondavano su metodi “antichi”: c’erano le cene, in cui veniva fatto il punto tra politici e rappresentanti delle cooperative, ma c’erano anche i “pizzini”, fogli dattiloscritti o scritti a mano che venivano indirizzati da Zoccola a Vincenzo De Luca e a Roberto De Luca. Elenchi di “situazioni da sbloccare”, interventi da compiere su questo o quel dirigente comunale, lavori su cui predisporre bandi. I rapporti tra De Luca e Zoccola non si limitavano agli appalti per il Comune di Salerno, ma sul tavolo c’erano questioni che riguardavano direttamente la Regione Campania, come nel caso degli appalti Soresa o dei fonti POR. Tra le carte di Fiorenzo “Vittorio” Zoccola sequestrate dalla magistratura c’era anche una fattura di 650 euro per una cena del 16 febbraio del 2020. È in quell’occasione che Vincenzo De Luca incontrò tutti i rappresentanti delle cooperative salernitane nell’orbita di Zoccola. Se ne trova traccia anche in una intercettazione di due giorni prima tra Zoccola ed il consigliere regionale Franco Picarone. Dalla telefonata si evince che l’oggetto della cena è la proroga degli appalti al Comune di Salerno per le cooperative. Picarone sottolinea a Zoccola: “deve essere fatta prima, non dopo, prima di giugno per capirci”. Ovvero prima delle elezioni regionali del 2020. Ma le cene si facevano non solo per trovare accordi ma anche per confermarli e per brindare alla buona riuscita. È il caso della cena post elettorale, del 1 ottobre 2020 a Giffoni Valle Piana al ristorante “Castel Rovere” organizzata da Zoccola e gli altri rappresentanti delle cooperative con Giovanni Savastano, appena eletto consigliere regionale. In quella cena, come emerge dalle intercettazioni ambientali effettuate grazie ad uno spyware sul telefono di Savastano, Zoccola e Savastano fanno riferimento alla cena di febbraio con De Luca e soprattutto alle vicende del Comune di Salerno, al fine di tutelare gli interessi delle cooperative. Da ottobre, quando il velo è stato squarciato è diventato un tutti contro tutti, con il dito puntato verso l’uno o l’altro. Un sistema, che pare rimanere fermo soltanto alle sue basi e che in “alto” aveva già iniziato a perdere stabilità. Come un castello fatto di carte, dopo i verbali di interrogatorio desecretati proprio ad ottobre, si intravidero le linee di un quadro sempre più confuso ma che trova risposte a quelle domande che per anni sono rimaste con il punto interrogativo accanto. Un’inchiesta che ricongiunge i punti del “Sistema Salerno” e definisce i volti di una città sempre più “imperiale” e poco democratica. E’ Vincenzo De Luca a mantenere il “peso” del castello creato ad arte per governare (sempre e solo lui e i suoi fedelissimi), con un unico passaggio di testimone: quello ai figli Roberto e Piero, ma neanche tanto. A guardare – ancora oggi – dopo il terremoto politico e giudiziario degli ultimi mesi è sempre lui, chiuso nel silenzio tra Palazzo Santa Lucia a Napoli e il Genio Civile a Salerno. E’ stato tirato in ballo da tutti – nelle settimane e nei giorni tra interrogatori e udienze – ma principalmente da Fiorenzo Zoccola, re delle cooperative che aveva dichiarato inizialmente proprio davanti al Gip Gerardina Romaniello: “Io ho rapporti principalmente con Vincenzo e Roberto De Luca, con Piero no, non c’è affinità”. Singolare anche l’episodio che aveva ricordato lo stesso Zoccola: “Con De Luca ebbi un fugace incontro visivo in occasione della cerimonia per l’inaugurazione dei lavori per la bretella di collegamento tra la tangenziale e il rione Petrosino. Nella circostanza – si legge nei verbali dell’interrogatorio che diventò investigativo dopo 16 ore –  mi fece cenno che aveva parlato con il sindaco e che tutto era apposto, riferendosi alla richiesta che io avevo fatto pervenire di accelerare l’approvazione della delibera relativa alla pubblicazione del bando successiva al decreto di sequestro del giugno 2020”. Un gioco di sguardi e di intese, poche semplici parole, per far sì che il messaggio arrivi. Un quadro quasi “preoccupante” ma che denotava proprio la complicità intrinseca al sistema e soprattutto il conseguente strappo col resto: che vada dal mondo delle coop alla parte di politica del “cerchio magico” con al centro Piero De Luca, le fazioni si fanno sempre più distinte: la vecchia guardia e quella nuova, mal vista dai più “anziani”.

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