Solitudine e immaturità sentimentale, l’attuale protagonista de Le notti bianche

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Di Davide Bottiglieri

Era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani, gentile lettore. Il cielo era stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo simile potessero vivere uomini irascibili ed irosi. Gentile lettore, anche questa è una domanda proprio da giovani, molto da giovani, ma che il Signore la ispiri più spesso all’anima!

Se è vero che un libro non si giudica dalla copertina, ma dall’incipit, Le notti bianche di Dostoevskij merita di essere inserito tra i capolavori di ogni tempo già dai primi dieci secondi di lettura.

La magia e la suggestione con cui l’autore russo invita a entrare nel suo mondo non si attenua con l’andar delle pagine, anzi, aumenta di intensità mentre si manifesta agli occhi del lettore una Pietroburgo vestita del suo abito più onirico. La città è molto cara all’autore, vi trascorre la giovinezza e le dà il ruolo di palcoscenico anche in Delitto e castigo. Nelle Memorie del sottosuolo la definisce la città “… più astratta e premeditata di tutto il globo terrestre”. Un legame, questo, che esplode ne Le notti bianche, in cui Pietroburgo diventa tutt’uno con il protagonista, un giovane scrittore solitario e senza amici che vaga per le vie della città notturna. È un’ombra invisibile che si aggira nelle vite degli altri, un osservatore che raccoglie e plasma la realtà, rubando emozioni e avvenimenti di altre persone, creando un rifugio illusorio che lo protegge dal mondo reale.

La solitudine e l’alienazione sono il motore della sua immaginazione, nonché ciò che rende terribilmente attuale questo libro.

Il giovane scrittore porta con sé una malinconia innocente, inconsapevole, frutto anche di un’immaturità sentimentale che si illumina quando incontra Nasten’ka, una ragazza che ha tanto da raccontare e molto da offrire.

Trascorrono così quattro notti bianche, in cui i due si raccontano e si scoprono anime affini. Il giovane scrittore non nasconde la sua incapacità di aprirsi genuinamente alle persone che lo circondano, una maledizione che lo rende molto vicino alle persone del nostro tempo, così disabituate al contatto umano, quello vero.

Il legame che si crea tra i due riesce a spegnere anche le sfavillanti fantasie che il ragazzo aveva da sempre costruito nel suo immaginario di cristallo. Eppure la trama, così come il titolo del libro, nasconde una trappola. L’idea di purezza che si formula al sentir delle “notti bianche” si frantuma alla comprensione (immediata) che in notti come quelle non è lecito dormire. E l’insonnia non è altro che la manifestazione di un malessere sotterraneo, che vuole venire a galla. I protagonisti sono animi inquieti, i cui tormenti si placano solo all’apparenza durante i loro incontri rubati.
Al termine del libro ci si domanda se un incontro può davvero cambiare una vita. E, in caso affermativo, come può avere un impatto così travolgente se poi tutto resta uguale?

Ho maledetto me stesso; perché, dopo le mie fantastiche notti, mi colgono dei momenti di ritorno alla realtà che sono terribili!”

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