“Il giorno muto”, il nuovo libro di Vincenzo Benvenuto, presentato giovedì a Salerno

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di Marcello D’Ambrosio – “Più degli altri tre scritti fino ad adesso, questo è un libro che nasce in un contesto straordinario, nel senso letterale di “fuori dall’ordinario”. E ciò sia con riferimento all’ambiente esterno (si era nella seconda ondata del covid quando i vaccini erano ancora di là da venire) sia per ciò che riguarda la mia esperienza personale (una figlia venuta a scombussolare una vita alquanto consolidata). Ed era inevitabile che l’uno (il covid) e l’altra (Pia), oltrechè condizionarsi a vicenda, generassero in me il bisogno di scrivere. Se a ciò si aggiunge un libro, “Le anime morte” di Gogo’l, fin da subito considerato meritevole di un qualche approfondimento, e la riscoperta, per puro caso, dell’alfabeto carbonaro, ecco che gli elementi principali de “Il giorno muto” erano tutti pronti a incastrarsi per una nuova storia”. Così Vincenzo Benvenuto racconta la genesi della sua ultima opera letteraria, “Il giorno muto”, che sarà presentato per la prima volta a La Feltrinelli di Salerno giovedì 15 settembre alle 18:30, con accanto all’autore a moderare Luca Monaco ed Erika Noschese. “L’opera – racconta Benvenuto – presenta una trama con diversi fuochi: c’è, ad esempio, il filone ironico dei genitori che non sanno che pesci pigliare con una bambina dai proverbiali sette spiriti; c’è un’angoscia silente legata alla pandemia che ha imbalsamato città e vite; c’è il mistero di un biglietto d’addio che nomina una persona che non avrebbe alcun motivo di essere nominato prima di un suicidio; c’è il rischio di un claustrofobico “controllo totale” che spetterebbe proprio al protagonista, assieme a una cerchia ristretta di persone, sventare. E quindi, inevitabilmente, assistiamo a una contaminazione di generi: dal romanzo alle “cronache”, dal mistery al thriller”. Benvenuto, parlando del suo libro rileva anche un collegamento con l’attualità e il dramma del conflitto in corso in Ucraina: “Ovviamente, quando ho scritto “Il giorno muto”, la guerra in Ucraina era ancora un’ipotesi con qualche credito solo tra gli addetti ai lavori. La cosa singolare, a conferma di come, a volte, la letteratura anticipi la realtà, è che più volte, quando nel libro parlavo di Gogo’l, ho avuto il dubbio se definirlo scrittore russo o ucraino. Sia chiaro, normalmente Gogo’l viene etichettato come russo, così come ho fatto io nella mia opera, semplicemente perché scriveva in russo. Ma è pur vero che potrebbe essere anche definito ucraino, in considerazione della sua nascita a Veliki Sorocints, Ucraina. Se avessi dovuto scrivere adesso “Il giorno muto”, probabilmente, avrei optato per l’aggettivo “ucraino” anziché “russo”, foss’anche solo per tributo alle immani sofferenze che sta patendo il popolo ucraino per quest’insensata guerra”.

Emanuela Sergio

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