Al Consiglio di riffa o di raffa

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di Vincenzo Benvenuto

Il 12, 13 e 14 gennaio ci sono le elezioni per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno e quelle per il Comitato Pari Opportunità. Trattandosi di un’elezione “di categoria” per quanto numerosa (sono circa 4000 gli avvocati iscritti all’Ordine) e di una certa importanza, dovrebbe essere un discorso sostanzialmente per addetti ai lavori. E invece, mai come forse in questa tornata elettorale, l’argomento travalica il pur affollato ambito legale. I motivi, manco a dirlo, sono tanti e vari. Innanzitutto si ha l’impressione che la governance del Consiglio dell’Ordine per il quadriennio 2023-2026 sia veramente contesa. E vi posso assicurare che assai di rado è stato così.

Stavolta, infatti, si ha la percezione che scegliere una lista piuttosto che l’altra, significhi veramente intraprendere un cambiamento o consolidare un orientamento. Oddio, è pur vero che, a voler fare le pulci, ciascuna delle tre liste in lizza non è un monolite, nel senso che all’interno della stessa compagine ci sono colleghi che rappresentano la continuità (anagrafica e non) con “l’ancien regime” e altri, invece, che si pongono come il sempre abusato “nuovo che avanza”; e ciò vuoi perché magari è la prima volta che si candidano vuoi perché, pur veterani del discorso elettorale, vorrebbero farsi portavoce delle mutate esigenze dell’Avvocatura.


A onor del vero, però, l’unica lista che fin dal nome si presenta come outsider e vogliosa di incarnare in blocco un’idea diversa dallo status quo, è Alternativa Forense. E ciò, ovviamente, senza voler dare alcun giudizio di merito in proposito. Un’altra delle ragioni di questa elevata partecipazione, è la novità del voto elettronico: l’elettore, abbandonata la carta delle scorse tornate, si vede piazzato di fronte al monitor a cliccare un nome piuttosto che un altro. Ogni candidato è contrassegnato da un numero. E la cosa simpatica, tra l’antipatia di una fila biblica da scalare per recarsi nell’Aula Parrilli o in Biblioteca (le due postazioni scelte per la votazione), è una congestionata riffa tra i candidati e i votanti. E allora lungo il serpentone in sbuffante attesa, ecco urlare il 23, rispondere il 25, chiosare il 46, rettificare con il 45, interloquire con il 17 dopo, hai visto mai, un’apotropaica toccatina.


Senza contare che qualche collega più cospirativo, invece di dare i numeri, passa direttamente alla loro simbologia, del tipo: «Oggi è il 13 gennaio, ma in realtà è l’immacolata», con il l’evidente riferimento al numero 8 e al relativo candidato/a. Per quanto riguarda l’elettore, poi, parlando con diversi colleghi, ho potuto stilare le seguenti nr. 3 tipologie: l’integralista (“voto paro paro tutta la lista, senza alcuna contaminazione con appartenenti ad altre liste); l’affidabile ma con brio (“sposo quella lista, ma non integralmente:
c’è il collega che mi ha chiuso la pratica nell’altro schieramento, il compagno di scuola che mi ha chiesto il voto pur essendo candidato
altrove”); il cerchiobottista (“per me tutte le liste pari sono, e voto uno di qua, l’altro di là, e il terzo ancora dall’altra parte, per non far pigliar collera nessuna lista”); il fariniello (“ti voto, ti voto, ti ho votato, faremo una bella figura ma…chi lo conosce a questo a cui ho promesso il voto?”). Per concludere, a mio modesto avviso, il motivo principe per cui queste elezioni sono state molto partecipate, è il seguente: l’Avvocatura salernitana, almeno quella non del monte pratiche ereditato o degli studi accorsati, è in una crisi profonda, e non solo da un punto di vista economico.

Tutti noi, quindi, siamo consapevoli che anche da queste elezioni debba provenire un segnale di rottura forte, un’inversione a 360°
per ridare dignità e fierezza a quella che fino a qualche tempo fa era davvero la professione più bella del mondo. E che vorrebbe continuare ad esserlo. L’alternativa è dietro l’angolo: il diritto consegnato irreversibilmente nelle grinfie artritiche del privilegio.

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