“Che emozione il Giffoni Film Festival, e quanto è importante restare sempre se stessi!”. Attilio Senatore si racconta.

0
111

Giornalista, speaker, conduttore e poeta, nel 2021 raggiunge la top 50 su Spotify

di Davide Bottiglieri

Attilio Senatore, laurea in Giurisprudenza conseguita con il massimo dei voti, è attualmente tirocinante presso l’ufficio GIP del tribunale di Salerno, giornalista presso Zon Magazine e autore di numerosi articoli che spaziano dalla cronaca all’attualità, per lo stesso giornale conduce un programma live denominato “Tra Carta&Pixel” dove si affronta il rapporto tra cinema e letteratura. Nel 2021 e nel 2022 lavora come giornalista presso il Giffoni Film Festival realizzando numerose interviste a importanti personaggi del mondo dello spettacolo, della musica e non solo, tra gli altri: Andrea Purgatori, Lillo, Claudia Gerini, The Jackal, Mr Rain, Federica Carta, Matilda Lutz, Cecilia Sala, Andrea Crisanti, Valentina Romani. Autore del podcast “Siamo ciò che leggiamo” che nel 2021 raggiunge la top 50 dei podcast italiani più ascoltati su Spotify. Nel 2019 pubblica una raccolta di poesie dal titolo “Non è tardi per sognare”.

Giornalismo: passione o semplice hobby?

Passione. Un hobby è un’attività che svolgiamo per passare il tempo e riempire le nostre giornate, la passione, al contrario, è un coinvolgimento totale verso qualcosa che ci fa star bene. Nel mio caso posso certamente dire che si tratta di passione, fin da piccolo ho sempre avuto un interesse particolare verso tutto ciò che succedeva nel mondo a partire dal mio paese di provincia. Le notizie e più in generale la narrazione della vita attraverso di esse rappresenta per me lo strumento più importante per comprendere la realtà. Il giornalismo svolge una funzione sociale fondamentale che consente di portare avanti la cultura del dialogo, del confronto e della condivisione. Una cultura più che mai necessaria oggi.

Informazione e comunicazione: due concetti che troppe volte, oggi, non si sovrappongono. Qual è il suo parere a riguardo?

A mio modesto avviso la crescita esponenziale delle forme di comunicazione sta conducendo ad una evidente aridità nel campo dell’informazione. Viviamo l’incredibile paradosso di poter conoscere ogni singolo accadimento del quotidiano e proprio in virtù di questo, a causa di una mole così elevata di informazioni, in realtà siamo spesso costretti a doverci fermare in superficie. La mancanza di approfondimento, unico strumento di vera conoscenza, è la vera piaga del nostro tempo. Un’inversione di tendenza dovrebbe partire da una consapevolezza maggiore sia da parte di chi informa che dal cittadino che assimila tali informazioni. Sotto questo profilo credo che sia necessario nell’era digitale, educare le nuove generazioni alla capacità e alla necessità di dover dare un significato a tutto ciò che accade, oltrepassando le barriere che non ci consentono di aver coscienza della realtà che ci circonda. Per farlo, è d’obbligo una maggior consapevolezza culturale che conduca ad un più oculato utilizzo delle fonti.

Quando e come è nata l’idea di “Tra Carta&Pixel”?

La rubrica “Tra Carta&Pixel” prende vita due anni fa come un contenuto volto ad unire il mondo cinematografico a quello letterario in un unico format. All’interno delle puntate, io ed il mio collega esperto di cinema trattiamo le opere in maniera tale da comprendere sia l’ambito letterario, la carta appunto, che quello cinematografico, i pixel. In tal modo si crea un contenuto originale che consente di analizzare l’arte attraverso due punti di vista nello stesso tempo. Non tutti gli appassionati di cinema sono dei lettori e viceversa, abbiamo cercato quindi di trovare un modo interessante per comprendere e analizzare le opere abbracciando un pubblico più ampio.

Condivida con noi un aneddoto particolare lagato al Giffoni Film Festival.

Vivere il Festival come giornalista è un’esperienza unica, ti permette di avere contatto umano e professionale con i grandi protagonisti del cinema, della televisione e della musica, italiani ed internazionali. Lo scorso anno ho avuto il piacere e l’onore di poter intervistare, tra gli altri, il grande Andrea Purgatori. Ero un po’ agitato poco prima dell’intervista e non appena abbiamo iniziato, lui ha guardato in camera e ha fatto stoppare tutto. Subito pensai di aver fatto io qualcosa di sbagliato e invece lui sorridendo mi ha semplicemente detto, “l’intervista la facciamo ma soltanto a patto che quando mi fai le domande ci diamo del tu e non del lei”. Può sembrare banale, ma dopo pochi secondi ogni tipo di ansia o timore è sparito, restava soltanto il privilegio di poter essere lì ad interloquire con uno dei più grandi giornalisti italiani di sempre in maniera semplice e per questo ancor più significativa.

Cosa ha provato nel vedere un risultato così lusinghiero come quello raggiunto dal suo podcast?

Raggiungere il top della classifica dei podcast italiani su Spotify con “Siamo ciò che leggiamo” mi ha consentito di capire che quando l’entusiasmo in un progetto alimenta il tuo lavoro ogni giorno sempre di più, nessun obiettivo è irraggiungibile. Alla mia compagna di viaggio scherzando prima della pubblicazione delle prime puntate le dissi, “sono convinto che finiremo nei primi duecento posti in classifica”, lei rise incredula, a distanza di qualche mese eravamo nei primi cinquanta podcast italiani più in alto di produzioni non amatoriali e che vantavano anche finanziamenti importanti. Quello che ho provato è stato senza dubbio un senso di orgoglio e di soddisfazione che si è alimentato ancor di più dopo essere stati ospitati in un programma televisivo e aver potuto parlare dei nostri contenuti, nonché in diretta streaming con i ragazzi di una scuola di Torino. Insomma, abbiamo avuto la possibilità di costruire, condividere e diffondere un programma culturale: a prescindere dalle classifiche è stata una vittoria in partenza sotto tutti i punti di vista.

Qual è il segreto di un podcast vincente?

A mio parere una formula esatta non c’è, e neppur si può dire che esistono prodotti troppo di nicchia da non poter riuscire a raggiungere risultati importanti, il mio ne è la prova. Quello che conta è un’ottima preparazione e programmazione delle puntante che devono essere ricche di coinvolgimento per l’ascoltatore, il quale, una volta terminato l’episodio deve voler subito passare al prossimo. I primi minuti, se non anche secondi, sono fondamentali, il biglietto da visita per qualsiasi podcast. È forse un po’ avvilente ma purtroppo oggi funziona così, passiamo da un contenuto all’altro istantaneamente, e riuscire a “fidelizzare” un ascoltatore risulta davvero difficile se non si riesce ad essere molto attrattivi fin dall’inizio. È poi molto importante rendere il prodotto ben identificabile, con un filo conduttore tra gli episodi che si lega al titolo del podcast, gli ascoltatori devono sentirsi parte dello storytelling, percepire appieno il valore della proposta portata avanti.

Giornalista, speaker, conduttore e poeta: come si uniscono tutte queste sfaccettature?

Posso dire che a prescindere dal ruolo che sto svolgendo in un particolare momento, tutte queste attività non si scindono e rappresentano semplicemente il mio modo di essere. Cerco sempre di non identificarmi in un ambito particolare, quello che conta è cercare di restare sempre se stessi, fedeli alle proprie idee, al proprio modo di stare al mondo.

A quando una prossima pubblicazione?

Ho tante cose dentro da voler raccontare, per ora sento che non è ancora arrivato il momento giusto per rimettermi in gioco sotto questo punto di vista. Vorrei pubblicare un’opera di narrativa e questo richiede senza dubbio tanta preparazione anche sotto il profilo tecnico e stilistico. Può darsi che un mattino mi alzerò convinto di volerci riprovare davvero ma la verità è che ogni impegno, lavorativo o artistico che sia, richiede tempo e dedizione costante, nonché una serenità interiore che ti predispone al fluire delle parole che andranno a comporre la storia, come disse Jack Kerouac: “Un giorno troverò le parole giuste, e saranno semplici.”

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here