La riflessione/ Direttore d’orchestra o ferroviere: quale futuro per il Pd?

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di Francesco Morra*

Le dimissioni di Zingaretti sono state annunciate quasi in concomitanza con il festival di Sanremo. Sarà stata la coincidenza, sarà stata una banale associazione di idee, ma probabilmente al Partito Democratico occorre più un Direttore d’orchestra che un Segretario, uno in grado di dettare tempi, creare armonia e ritmo fra parti e componenti, fra la base e i vertici. Spesso ho avuto la sensazione che non si andasse a tempo, come se la piazza chiedesse un valzer e il palazzo rispondesse con la samba. Sin dalla sua nascita, il PD, nato dall’affascinante e ambizioso obiettivo di coniugare più tradizioni politiche, si è logorato in una perenne contrapposizione fra essere un partito di apparato e di Governo ed essere un partito di massa a vocazione maggioritaria. Per tanti anni, questo doppio binario, troppo spesso ha generato ostacoli, difficoltà e incongruenze. Ecco, a proposito di binari, se non fosse disponibile un Direttore d’orchestra, mi accontenterei di un ferroviere, una figura in grado di dettare i tempi della marcia, rallentare o fermarsi quando necessario o accelerare quando occorre, fermarsi ad affrontare e risolvere le criticità del paese e dei territori, portare a destinazione la corsa, accogliere tutti e non pochi eletti. In tanti blog, molti giovani individuano in una famosa canzone di Francesco Guccini, la locomotiva, come la canzone più di sinistra della musica italiana. È impensabile che una locomotiva non riesca a tenere il passo e il ritmo dei tempi. È una contraddizione in termini. È una locomotiva, non un regionale, una macchina pulsante che, appena liberato il freno, “morde” le rotaie con muscoli d’acciaio. In più di una circostanza, vertici e territori hanno rischiato di essere e apparire realtà diverse, quasi stridenti. Zingaretti non ha avuto un compito semplice, ma le sue ultimissime mosse sono state un boomerang, che hanno compromesso o rischiato di compromettere anche quello che di buono è stato fatto in precedenza. Passare in meno di un batter d’occhio, da “Conte o la morte” (lo voglio dire ai ragazzi: in politica o nella vita, quando si arriva a dire “o me o la morte”, quasi sempre vince la morte) a “con Draghi, l’Italia è in buone mani”, non è stata proprio una visione da statista; così come, ritrovarsi in meno di un batter d’occhio, lo stesso Conte, sponsorizzato come federatore di forze politiche per poi ritrovarselo leader di una delle forze da federare, non è stata una valutazione che ha portato beneficio al PD. Ora, ci ritroviamo a discutere del futuro del PD, alla vigilia di un’assemblea nazionale, dalla quale si prospetta non una soluzione per un futuro, bensì un ritorno al futuro; non un cambiamento di passo, un’accelerazione, ma qualcosa che al momento non scalda il cuore, perché è qualcosa di già visto, di già letto, di già “letta”..

*sindaco di Pellezzano

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