Les Flâneurs Edizioni, quando la qualità distingue dalla massa

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La doppietta nelle segnalazioni al Premio Strega certifica il lavoro di Rega & co.

Di Davide Bottiglieri

Che l’editoria sia una forma di imprenditoria lo sappiamo (quasi) tutti. Quello che si ignora è la difficoltà di un mercato così saturo da rendere un editore grottescamente vicino all’archetipo dell’eroe epico. Se poi, in un contesto nel quale si è cristallizzata la convinzione che bisogna pagare per pubblicare, si è anche insofferenti alla lettura, ecco che emergere appare un’impresa capace di scoraggiare i cuori più temerari.

Eppure, ricalcando il testo di una nota canzone, uno su mille ce la fa. E se questo miracolo accade non può essere fortuna. Non in questo settore. Semmai chiamiamola favola, senza un vero cattivo da combattere, ma con un lieto fine tutto da gustare.

È la storia della Les Flâneurs Edizioni, casa editrice nata nel 2015 grazie a un gruppo di giovani amanti della Letteratura. Che l’amore verso i libri fosse il motore del progetto lo si può intuire dal termine francese “flâneur”, riferimento alla figura prettamente primonovecentesca d’intellettuale che, armato di bombetta e bastone da passeggio, vagava senza meta per le vie della sua città discutendo di letteratura e filosofia. Oggi come allora, la casa editrice si pone come obiettivo la diffusione della cultura letteraria in ogni sua forma, dalla narrativa alla poesia fino alla saggistica, con indipendenza di pensiero e occhio attento alla qualità. E di qualità in questa realtà – o favola, se ancora preferiamo – ce ne è tanta, raggiunta con doverosa fatica, ricerche, studio, scommesse editoriali e strategie che hanno permesso alla casa editrice di farsi largo e prendersi un posto preciso e meritato nel mondo dei libri.

L’ultima soddisfazione viene dal riconoscimento editoriale made in Italy più noto, che ha inserito ben due titoli della realtà pugliese tra le segnalazioni di questa edizione. Si ricorda che il premio letterario Strega degli Amici della domenica, nome con cui sono identificati i componenti della giuria dal gruppo che si riuniva in casa Bellonci il pomeriggio della domenica, era composta alla data di fondazione del premio (1947) da centosettanta Amici, diventati negli anni oltre quattrocento. Ciascun Amico della domenica può segnalare, con il consenso dell’autore, un’opera che ritiene meritevole di partecipare al premio. Ogni segnalazione deve essere corredata da un breve giudizio critico e ogni opera può ricevere una sola segnalazione; spetta poi al Comitato direttivo individuare le opere concorrenti anche tenendo conto delle segnalazioni degli Amici.

I titoli Les Flâneurs segnalati sono Vuoto di Ilaria Palomba e Sacro Amor Profano di Lodovica San Guedoro, presentati rispettivamente da Maria Cristina Donnarumma e Franco Cardini.
“Emblematico è sicuramente il titolo del tormentato e durissimo romanzo di Ilaria Palomba
Vuoto”, commenta Donnarumma, “perché è il vuoto il filo conduttore di tutte le vicende vissute dalla protagonista, Iris Palmieri, raffigurata sulla bellissima ed esplicativa copertina del libro: una giovane donna bionda in un elegantissimo abito da sera nero, immersa in pensieri dolorosi, anzi in un atteggiamento decisamente disperato, è seduta sul davanzale di una finestra che si affaccia su una notte nera, senza luci, senza stelle…sul pavimento fogli appallottolati e libri aperti vogliono alludere al suo tormentato lavoro di scrittrice. Impegnativo seguire le vicende narrate, che si svolgono in un solo anno tra la Puglia, la Lucania e Roma da un’estate all’altra, perché si susseguono in modo caotico, con frequenti flussi di coscienza, monologhi interiori, incubi premonitori che slittano costantemente tra presente, passato e futuro. Le paure della protagonista sono da ricollegare sicuramente ad uno stupro subito nella sua prima adolescenza, ad abusi vari subiti anche da familiari sin dalla fanciullezza e ai rapporti conflittuali e, a tratti, fallimentari con i suoi genitori, con suo marito, con i suoi amici, con i suoi studi e con il suo lavoro. Iris, autolesionista, vive sempre in bilico e si va convincendo che i suoi fallimenti sono frutto delle sue fragilità, della sua inadeguatezza e della sua esistenza instabile, pertanto è ossessionata dall’abbandono e da un profondo senso di vuoto che cerca di riempire con le droghe, con il sesso sfrenato e promiscuo, con l’amicizia con Giulio, più giovane di lei, ma come lei sensibile, disilluso e problematico e che come lei e con lei accarezza l’idea del suicidio. Giulio improvvisamente si toglierà la vita lasciando Iris nella più grande prostrazione e con il rimorso di non aver fatto nulla per salvarlo… allora non le resterà che la Letteratura, ma i suoi autori preferiti sono poetesse e scrittori che si sono tolti la vita: S. Plath, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi, Guido Morselli, Carlo Michelstaedter, … che sono anche i modelli della sua scrittura che si basa su una continua ricerca spirituale e filosofica che, però, non riesce ad appagarla. Nel libro non mancano, dunque, significativi riferimenti filosofici e alcune interessanti e appropriate citazioni cinematografiche che sono funzionali alla narrazione stessa. Il linguaggio usato è ricco e articolato, a tratti scarno, elegante e raffinato, descrittivo e pacato, ma sempre tagliente come un bisturi che incide, scava perché vuole impressionare, devastare, gridare un malessere, sconvolgere, scandalizzare ma non vuole che si giudichi. Alla fine, inaspettatamente, Iris/Ilaria lancerà un messaggio di speranza a se stessa e ai lettori “Prendete questo delirio, questo macello, e fatelo fiorire””.

“Mi sono deciso a proporvi Sacro Amor profano,” – motiva invece Cardini – “lavoro di una nobildonna italiana dal cognome che farebbe invidia a Guido Da Verona, ma che non è uno pseudonimo. Accintomi a leggiucchiare il manoscritto in un pomeriggio domenicale di quelli in cui, potendo, si ama oziare in poltrona col gatto sulle ginocchia e un bicchiere a portata di mano, mi sono scoperto con sorpresa ad appassionarmi alla lettura. Non dirò, non dico, non voglio dire che sia “nata una stella”. Ma non mi è dispiaciuto uno stile forse talora un po‘ troppo letterario, tuttavia qua e là etereo e mordace, lieve e corrosivo, aulico e semplice. Un po‘ ingenuo forse: ma chissà…? Il libro di una «scrittrice in esilio» in molti sensi, desueto forse ma dotato di intensità espressiva ed emozionale. Propongo questa autrice all’edizione 2023 del Premio Strega per la sua sorvegliata immaginazione, il suo serio artigianato e la sua fedeltà ai valori modesti ma anche eterni della non necessariamente grande, tuttavia vera e buona letteratura.”

Commenti, questi, che certificano la qualità del lavoro svolto e ripagano l’editore, il visionario Alessio Rega, di anni di labor limae di ricerche non solo di autori, ma anche di collaboratori: da Annachiara Biancardino (direttore editoriale), a Dino Cassone (ufficio stampa), fino alle numerose e valide editor e correttrici di bozze, ai grafici e illustratori. Una squadra che, a tutti gli effetti, può competere con le major. E se piacciono davvero le favole, a ‘sto giro, per la LXXVII edizione del Premio Strega, non si può non fare il tifo per loro!

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