“Rinascita”, la nuova casa rifugio per donne vittime di maltrattamenti

0
1023

di Martina Masullo

Casa è il luogo in cui ci si sente accolti e si ha voglia di tornare. Nasce da questo presupposto la seconda casa-rifugio di Salerno dedicata alle donne vittime di abusi e maltratta- menti e ai loro figli e prende il nome di Rebirth, “Rinascita”. “Rinascita” – che come scrive Rossano Braca su Facebook è stata pensata per essere una “casa vera” – è inserita “con discrezione” nel pieno centro di Salerno, per facilitare il reinserimento degli ospiti nella vita sociale e lavorativa. Il progetto è stato rea- lizzato e autofinanziato da On the Road, una cooperativa interamente fondata e gestita da donne per altre donne. Donne in difficoltà, maltrattate, che si trovano ad un punto della loro vita in cui decidono di dire basta e di chiedere aiuto. È per queste donne che la casa “Rinascita” è stata disegnata. L’associazione di volontariato Venite Libenter, di cui Braca è il presidente, si occupa di fornire l’aiuto materiale a questa struttura. La prima casa-famiglia per donne in difficoltà è nata nel 2019 e si trova in provincia di Salerno, in una zona non proprio centrale. Questo rende più complesso il reinserimento delle donne e dei loro figli nelle attività quotidiane come la scuola, il lavoro, la vita sociale. “Sentivamo la necessità di completare questo percorso – ha raccontato Braca – con una struttura che potesse essere in città per consentire meglio il reinserimento di madri e figli e restituire loro una certa serenità”. La prima fase dell’accoglienza delle donne in difficoltà rappresenta la loro messa in sicurezza, soltanto dopo – in una seconda fase – sarà possibile avviare il loro reinserimento all’interno della vita sociale e lavorativa. Tutto questo, ovviamente, necessita di alcuni costi che in teoria dovrebbero essere sostenuti da alcuni enti locali come l’Assessorato ai Servizi Sociali, ma nella pratica c’è un grande ritardo nell’erogazione dei fondi. Materiale, supporto professionale, educatori e professionisti vari, convezioni per il supporto legale, dunque, sono attualmente tutti a carico della Onlus che sostiene il progetto. In questo modo, il progetto può rimanere in piedi e continuare ad essere davvero di aiuto e supporto alle (purtroppo) tante donne che si trovano in difficoltà, ma che i servizi sociali locali non se ne occupino è davvero un fatto grave. Soprattutto perché, attualmente, entrambe le case di accoglienza che fanno capo all’associazione Venite Libenter – ognuna di esse ha a disposizione sei posti, dodici in tutto quindi – sono quasi al completo. Questo, se da un lato è un buon segnale perché dimostra che tante donne decidono di chiedere aiuto e fortunatamente esiste un luogo a cui rivolgersi, dall’altro rappresenta un dato allarmante perché significa che i maltrattamenti e gli abusi a carico delle donne sono molto radicati all’interno del nostro territorio. Questi dati non sono certamente una sor- presa per chi è nel settore da anni e si occupa di tali problematiche. Allora perché non esiste un concreto aiuto da parte delle istituzioni alle donne in difficoltà e alle associazioni che se ne occupano? “Ogni persona, ogni donna ha una sua storia – continua Braca – e quindi per ognuna di esse viene costruito un programma individualizzato, un percorso personale che si pone come obiettivo quello di reinserire queste donne in totale autonomia nella propria vita in un pe- riodo di massimo due anni. In alcuni casi, è possibile concludere questo percorso anche in meno tempo, ma per molte donne è necessario un supporto legale che va anche oltre i due anni, ovviamente. La presa in carico di queste donne, da parte dell’associazione è totale, a 360 gradi”. Di queste case, per ovvi motivi, non si conosce l’indirizzo ma rivolgersi alla cooperativa e all’associazione che le gestiscono è molto semplice, sono entrambe facilmente raggiungibili telefonicamente e tramite social.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here