La fascinazione di Yannick Roch e il suo Maestro dei Morti

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Il Maestro dei morti è stato uno di quei titoli Les Flâneurs Edizioni ad avermi rapito al primo sguardo. Vuoi per la curiosità di leggere un autore straniero della scuderia barese, vuoi per il suggestivo titolo che richiama argomenti che hanno sempre avuto presa su di me, questo libro doveva essere mio. E non me ne sono pentito.


Yannick, l’autore, ci trasporta in un’affascinante Parigi del 1933, ricca di insidie e folklore che fanno breccia nella tentacolare capitale francese. La storia si apre in un tardo pomeriggio dai colori plumbei, disegnati con gli schizzi di una pioggia fitta, osservata con attenzione da monsieur Tortue, un uomo non molto alto, pelato e glabro, con gli occhiali tondi, piccoli ma spessi. Al suo fianco c’è monsieur Renard, magro, alto e dai capelli rossicci, con cui non solo condivide l’appartamento, ma anche la professione di investigatore privato. Sono loro i protagonisti della storia che evolve attraverso una trama brillante, resa avvincente anche dal sapiente amalgamarsi delle figure dei due investigatori che differiscono nell’aspetto quanto nel temperamento: squisitamente paradossale vedere nel più giovane Renard l’impronta accademica e nel più maturo Tortue una matrice meno elegante, ma innegabilmente efficace.

I due ricevono la visita della figlia di uno dei principali editori della città, Sophie Lathune, che li trascinerà in una storia grottesca, dai connotati sempre più inquietanti e che dimostra quanto l’affascinante Parigi in realtà sia marcia, quanto dietro la maschera di incipriata eleganza e religioso perbenismo (che fa da contraltare alla nota miseria delle grandi città) vi sia un volto guasto, rattrappito…macilento.
Occultismo e misticismo scivolano tra le maglie sociali, coinvolte tutte – in modi e per ragioni differenti – in un gioco spaventoso, da fermare quanto prima!

Il Maestro dei morti sembra un manuale del giallo puro. È evidente lo studio e la conoscenza dell’autore del genere perché vi sono davvero tutti gli ingredienti: gli investigatori (in stile Sherlock Holmes e dottor Watson, con le dovute differenze), una capitale dalla doppia faccia, protetta da un corpo di polizia fallimentare (Londra, Lestrade vi dicono qualcosa?), una forte componente femminile, tecniche investigative argute, necessarie per smascherare quella classe sociale tanto presente nell’epoca classica del genere letterario. Le suggestioni neogotche presenti nel libro costituiscono un ulteriore elemento che colloca difatti il Maestro dei morti nello scaffale del giallo puro e conferma l’abilità dell’autore nel realizzare un lavoro che oggi è difficile da trovare.
Yannick Roch vive in questo secolo, ma il suo posto è nell’epoca dei Conan Doyle, Agatha Christie, Dorothy L.Sayers ed Ellery Queen. Forse è meglio così, perché questa sua peculiarità lo rende ancora più prezioso. A noi non resta che aspettare il nuovo caso di monsieur Renard e monsieur Tortue!

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