Rosario Peduto: “A Salerno serve un centrodestra unito e pensante”

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Storico militante della destra salernitana e promotore dell’identità della città: questo il profilo di Rosario Peduto, volto storico della politica e del civismo nella città d’Arechi. Una lunga militanza in Alleanza Nazionale prima e nel Pdl poi, in seguito tra i pionieri della Lega a Salerno città ed in provincia. Oggi è un “militante di centrodestra”, che riconosce al pluralismo della coalizione il suo “valore aggiunto”. Che, in prospettiva, dovrà trovare un nuovo e più saldo equilibrio per giungere al governo della città. Un’impresa, quest’ultima, non semplice, ma fattibile con una ritrovata unità, anche sul piano civico, di forze politiche la cui base elettorale, anche in occasione delle elezioni politiche, ha dimostrato di essere pienamente competitiva con il Pd deluchiano.

Peduto, da sempre è stato – e orgogliosamente – un uomo di destra, militante appassionato e anche “di consenso”, pur senza riuscire a centrare l’elezione in consiglio comunale. Oggi, quella destra, espressa da Fdi, è la prima forza di governo: è soddisfatto di quanto si sta portando avanti a livello nazionale?

“Credo che la nostra area culturale e politica abbia un’ occasione storica: cambiare in profondità il paese e cambiarlo da destra. Il robusto consenso che gli italiani hanno affidato alla nostra parte nelle recenti elezioni politiche chiede essenzialmente questo. Ma è anche vero che per fare questo bisogna mettere in campo una visione del paese futuro e non agire per semplicemente per “reazione’, andando a cancellare pregiudizialmente quanto fatto dagli altri fino ad oggi. Credo che bisogna lasciare alla sinistra questa tendenza settaria, incapace di parlare ai problemi reali e complessivi del paese. Ecco perché ritengo che tanto per i temi economici quanto per quelli legati alla nostra posizione sulla guerra in Ucraina, vadano poste in campo azioni che siano legate anche a quella storica impronta popolare e cristiana della destra che da sempre cerca di raccogliere e declinare in modo nuovo le sfide oramai abbandonate da una sinistra sempre piu’ radical e sempre più chic. La cosa che deve esser chiara – e che chiara non è nel tempo del “leaderismo” come metodo – è che qualunque partito raccolga il 30% dell’ elettorato, deve giocoforza esprimere una varietà di sensibilità e posizioni che non possono ridursi alla facilità di uno slogan ma devono piuttosto trovare casa comune in una linea ragionata e condivisa di partito. Per fare questo servono partiti “pesanti”, strutturati, radicati, che stiano in maniera riconoscibile sul territorio, non solo attraverso un certo personale politico ma preferibilmente attraverso meccanismi veri di partecipazione della gente alla vita del partito”.

Il suo impegno è stato sempre esercitato, in via prioritaria, in ambito civico: da sempre lei è stato all’opposizione di Vincenzo De Luca, seppur in chiave sempre responsabile ed obiettiva. Cosa la preoccupa maggiormente della situazione della città?

“Sulla città sono, come tanti, seriamente preoccupato perché ritengo che sia naufragato il progetto di città “turistica e commerciale con cui De Luca aprì la sua stagione di governo trent’anni orsono ma nessuno sembra costruire una via di fuga per la nostra comunità. Una città che non è industriale, non è commerciale, non è turistica ma che affoga quotidianamente nella logica del solo tirare a campare con cui il gruppo di potere che la occupa va cinicamente avanti. Una città senza più futuro, perché nessuno sembra voglia disegnarne un altro…nessuno che, oltre la denuncia di quanto non va, riesca a costruire un “modello” per la rinascita. In questo anche l’ opposizione, di cui mi onoro di far parte   pur senza ruoli specifici, ha la sua enorme responsabilità: non si può risolvere nella sola denuncia di una panchina divelta l’ espressione di un nuovo cammino per la nostra comunità. Manca una visione complessiva anche nell’ opposizione, la qual cosa produce due effetti particolarmente deleteri: il perpetuarsi di amministratori scadenti – senza idee e senza libertà – e la sfiducia oramai totale dei nostri concittadini nella possibilità di andare oltre la stagione della decadenza”.

Il suo impegno politico fu esercitato, nella sua ultima occasione di “esposizione pubblica”, nella Lega di Matteo Salvini, di cui è stato segretario cittadino. Ad oggi a quale partito del centrodestra si avvicina maggiormente?

“Oggi io mi sento un militante del centrodestra, non di un partito in particolare, perché considero la multivocità della coalizione il vero valore aggiunto nell’ espressione di una politica che guarda alle tante sensibilità presenti nel corpo elettorale. Ogni partito ha una visione che è assolutamente complementare a quella degli alleati ma, allo stesso tempo, rappresentativa di determinati valori e taluni problemi in modo più attento e particolare. Questa è la vera forza del centrodestra, in cui anche personalmente vado a riconoscermi. Vorrei che questa capacità di sintesi e di efficacia nella “quadra” –  che sempre dimostriamo a livello nazionale – diventi finalmente la modalità con cui si è presenti anche sul piano locale, dove spesso l’ incapacità di frapporsi al “moloch” deluchiano risiede anzitutto nell’ assenza di riconoscibilità per un centrodestra unito, “pesante” e “pensante”.

Il centrodestra, però, in trent’anni non è mai riuscito a vincere un turno di amministrative a Salerno. Su cosa basare una proposta di rilancio concreto della città, alternativa a quella messa in campo dall’attuale amministrazione?

“Ho sempre ritenuto che intervenire sulla città significasse anzitutto intervenire in maniera prospettica, seminando idee ed azioni che riconsegnassero una vocazione ed una funzione al destino della città. La prima cosa da fare, per qualificare un serio progetto di rinascita della nostra realtà, è quella di rendere nuovamente Salerno una città produttiva. Questa dimensione, invece, è stata considerata secondaria nella lunga stagione deluchiana, secondaria rispetto al progetto di risanamento di un nuovo arredo urbano, progetto che creava consenso ma non poneva le basi per pensare al futuro dei nostri giovani e delle nostre famiglie. L’ azzeramento della zona industriale attraverso la riduzione della stessa a zona commerciale, quindi di mediazione e non di produzione, veicolava l’ idea sbagliata che il turismo dovesse essere l’ unica industria di una città riqualificata. Tutto questo ha avuto la sola conseguenza di desertificare il tessuto economico di Salerno, che vive oggi la crisi profonda del commercio, il flop della prospettiva turistica e l’ assenza atavica di ogni dimensione produttiva. Durante le ultime elezioni comunali, in qualità di segretario cittadino della Lega, partendo da questa analisi, con un gruppo di lavoro attento e competente, proponemmo la nostra “via di uscita” al declino della città. Progetto che verteva essenzialmente su tre azioni fondamentali: reinventare l’ orizzonte produttivo ed industriale partendo dalle opportunità concesse dalla semplificazione delle procedure per insediamenti in area “Z.E.S.” e puntando tutto sull’ utilizzo immediato dei cinquanta milioni di euro finanziabili in tal senso dal P.N.R.R.; riqualificare la proposta culturale e di eventi nella città, dando finalmente contenuti ai tanti contenitori vuoti della stessa, attraverso la formulazione di una nuova e più efficace “narrazione” sulla nostra millenaria identità; ripensare totalmente l’ organizzazione amministrativa ed operativa in materia di manutenzione e pulizia del tessuto urbano, attraverso investimenti che conservino meglio l’ esistente invece di cementificare ancora – e peraltro male – una realtà urbana già troppo “violentata” in tal senso”.

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