Bric(s)olage

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A occhio e…Croce

di Fabio Croce

Nei giorni scorsi si è tenuta, seppur in forma virtuale, la quattordicesima edizione del BRICS, un forum il cui acronimo è composto dalle iniziali dei Paesi Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

È una versione speculare del G7 e, in particolar modo, quest’anno, ha assunto una rilevanza interessante, in quanto inserito nel pieno del conflitto in corso in Ucraina.

Il forum ha ribadito la ferma volontà di una visione internazionale sempre meno unipolare, in cui non esiste più o esiste sempre meno una posizione predominante degli Stati Uniti.

I leader dei cinque paesi, uniti dal medesimo indirizzo programmatico, “promuovere un partenariato di alta qualità e inaugurare una nuova era di sviluppo globale”, hanno rimarcato in ben 75 punti un chiaro indirizzo di collaborazione fra membri e una precisa volontà di determinare una riforma drastica e globale dell’Onu, affinché possa essere più inclusiva e rappresentativa.

Questa posizione comune rende ulteriormente esplicito il cambiamento geopolitico in atto, di cui il conflitto in Ucraina è una conseguenza.

Il perimetro del conflitto in corso non si limita solo al confine tra Russia e Ucraina, ma va ben oltre.

La Russia sta determinando uno spostamento a oriente del baricentro politico ed economico sullo scenario internazionale.

Con la Cina e gli altri membri, ha intensificato rapporti economici, oltre che moltiplicato nei loro confronti le provvigioni di gas e altre materie prime, sottraendole alle nazioni europee.

Il BRICS di quest’anno è la dimostrazione palese che l’isolamento russo non si è verificato, anzi, c’è stato un deciso spostamento verso l’ingerenza cinese, rinsaldando un polo economico e politico in grado di stravolgere gli equilibri internazionali.

La cooperazione tra membri del BRICS si è rinsaldata in diversi punti strategici, tesi a favorire una convergenza economica; un fronte comune attraverso cui bilanciare l’egemonia occidentale. È un messaggio forte, che giunge a pochi giorni sia dal vertice G7, che si terrà in Germania sia all’imminente Summit della Nato.

In questo processo di riallineamento geopolitico, s’inserisce il conflitto in Ucraina, che può avviarsi verso un’intensificazione della fase diplomatica e risolutiva, solo e soprattutto con l’impegno diretto di Usa e Cina, cioè i riferimenti dei due blocchi che si stanno formando.

La Russia, nonostante le mire imperialiste del suo leader, sta progressivamente andando “a rimorchio” della stessa Cina. Nello stesso BRICS di quest’anno, si auspica una ripresa dei negoziati, proprio perché il compromesso che può uscire dall’attuale conflitto in Ucraina, può essere propedeutico a una versione 2.0 della Guerra Fredda tra blocchi contrapposti.

Il nuovo rapporto tra paesi BRICS, in contrapposizione all’ unilateralismo americano, è un’ulteriore dimostrazione del grave errore europeo di non coinvolgere la Russia nelle proprie dinamiche dell’ultimo ventennio.

Escludere la Russia, non provare ad addivenire a un rapporto o a una collaborazione, ha determinato il fatto che la Russia stessa cercasse riferimenti altrove, trovandoli ora nel blocco BRICS.

Oltre tutto, secondo le proiezioni demografiche, la stessa Europa si avvierà verso un calo delle nascite, al punto tale che, fra qualche anno, la sola Nigeria possa avere gli stessi abitanti dell’Europa. Questo è un dato significativo che può rimarcare quanto le politiche europee dell’ultimo ventennio stiano relegando il vecchio continente a un ruolo sempre più residuale.

Serve un’inversione di tendenza radicale! Solo grazie ad essa, l’Europa può tornare a essere centrale e non periferia di un Mondo, dal quale rischia di essere esclusa nei grandi processi economici e produttivi.

Si provi a soffermarsi, come esempio pratico e quotidiano, cosa può determinare il blocco europeo delle immatricolazioni delle auto diesel o benzina dal 2035. Innanzitutto, s’incentiva verso l’acquisto delle versioni elettriche, la cui parte componentistica è appannaggio del mercato cinese. Su un settore così trainante, come quello riguardante la produzione automobilistica, stiamo portando l’Europa da essere “schiava” dei capricci russi su gas e petrolio a essere “schiava” del predominio cinese.

Stiamo solo cambiando “padrone”, ma in questo processo di grandi stravolgimenti geopolitici, non saremo mai “padroni” di noi stessi, ma “schiavi” di qualcun altro. Non era questa l’Europa che sognavano i nostri padri. Toccherà alle nuove generazioni ridare lustro e slancio al grande sogno europeo delle ben più gloriose generazioni del secolo scorso.

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