Ruggi: “Io, discriminato e maltrattato per aver segnalato criticità e disservizi”

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di Brigida Vicinanza

Una storia di mobbing, di discriminazioni, che si spogliano della nuda e cruda cronaca giudiziaria e si vestono di dignità, coraggio e ricerca di giustizia. Offese ed ingiurie che sono state formalizzate in una querela-denuncia presentata da un infermiere del Ruggi di Salerno, Gianluca 44 anni, in procura tramite il suo legale di fiducia. Denuncia su cui i carabinieri starebbero già indagando.

Tutto troverebbe inizio nel 2020 quando, nel reparto presso il quale lavora l’infermiere, è arrivata una caposala facente funzioni, già “famosa” all’interno dell’ospedale tanto da indurre molti che già la conoscevano ad una raccolta firme di dissenso. Raccolta a cui non partecipa neanche l’infermiere, in quanto non conosceva la donna che avrebbe poi conosciuto in seguito. Gli animi si sarebbero un po’ accesi col tempo e lui non sarebbe risultato, molto “simpatico” alla sua superiore, in quanto alla ricerca di rispetto delle regole all’interno del reparto e soprattutto di miglioramenti alle condizioni di lavoro che all’interno del nosocomio di via San Leonardo, lascerebbero molto a desiderare. Poi – secondo il dipendente – il suo orientamento sessuale (è omosessuale, nda) sarebbe una discriminante proprio per la donna che più volte avrebbe ribadito di volere “il ricchione fuori dal reparto”.

L’uomo ha quindi presentato denuncia per ben due aggressioni subite, una delle quali gli ha provocato la rottura del setto nasale. Un’aria irrespirabile all’interno del reparto, dove sarebbe continuamente pressato, alla ricerca di un errore, di un dettaglio che potesse far accendere il fuoco del “via subito”. Una condizione troppo pesante per l’uomo che ama troppo il suo lavoro e rispetta troppo i pazienti, al punto da volere la perfezione proprio per loro e per rendergli quel “viaggio” all’interno dell’ospedale meno doloroso possibile. Ma per tutto l’amore che ha da dare, dall’altro lato sembra avere di fronte un muro di pietra che sta provando (almeno) a scalfire davanti ad un tribunale, seguito dal suo avvocato e nonostante tutto e tutti: nonostante le minacce, nonostante chi sta provando ancora a fargli del male, nonostante la sua voce che sembra essere stata inascoltata fino ad ora. Di orecchie “sorde” ne ha trovate sulla sua strada, ma lui ha ancora la forza di denunciare, di urlare al mondo il suo disagio, affinchè non accada più a nessun altro di vivere quotidianamente con l’ansia di ritornare sul luogo di lavoro e di vivere la vita voltandosi indietro con paura, guardandosi le spalle. Il 44enne sembra respirare ora (almeno per un po’) in quanto attualmente, è stato messo in malattia: è caduto a causa di un buco del pavimento del suo reparto e l’Inail, dopo una accurata visita, lo ha messo a riposo. Sono già trascorsi tantissimi giorni (quasi tre mesi). Ma lui vuole rientrare quanto prima a lavoro e in un clima sereno e di reciproco rispetto.

Una storia particolare la tua, di discriminazione per la tua identità sessuale. Una storia di soprusi sul luogo di lavoro, che hai deciso di denunciare. Come nasce la tua storia? Quali episodi hanno fatto scattare in te l’allarme?

“La mia storia nasce quando decido di ritornare a Salerno nel 2018, dopo anni trascorsi a Bologna, solo per avvicinarmi alla mia famiglia; all’inizio andava tutto bene, fino a gennaio 2018 all’incirca, quando ho iniziato a notare alcuni comportamenti fuori luogo del primario del Pronto soccorso, dove ho sempre lavorato fin dal mio rientro a Salerno. Mi sono reso conto che spesso il primario mimava i miei atteggiamenti e mi derideva, tanto che un giorno, mentre ero dall’allora caposala che mi aveva chiesto di coprire alcuni turni per colleghi in malattia, il primario fece nuovamente “la mia imitazione”. Il caposala prese le mie difese dicendo che non doveva permettersi più di imitarmi e deridermi e il primario rispose con parole ancora più offensive, tanto che ne derivò una brutta discussione tra i due. La situazione è notevolmente peggiorata con l’arrivo (purtroppo e inspiegabilmente a marzo 2020) della nuova facente funzioni caposala, invisa a tutti, tanto che all’epoca tutti i dipendenti del Pronto soccorso organizzarono una raccolta di firme per farla trasferire in altro reparto. All’epoca non partecipati a questa raccolta firme, poiché peraltro non conoscevo questa persona e non avevo alcun pregiudizio nei suoi confronti, ma col tempo, visto il suo comportamento, finanche peggiore di quello del primario, mi sono dovuto ricredere. Con la “nuova” facente funzioni caposala la situazione è precipitata e le discriminazioni sono aumentate, poiché si sono raddoppiati gli episodi di derisione nei miei confronti, anche perché, con l’avvento del Covid è peggiorata notevolmente tutta la situazione ospedaliera ed ogni volta che “mi permettevo” di segnalare qualcosa che non andava primario e facente funzioni caposala mi rispondevano male, tentavano di emarginarmi e mi deridevano. Io ho iniziato a segnalare queste criticità finanche alla direzione generale ed alle autorità competenti (soprattutto la totale mancanza di percorsi ospedalieri separati Covid), ma proprio allora si sono aggravate le discriminazioni. Si sono moltiplicate le espressioni tipo “o ricchion se ne deve andare da qua sotto”, “questa è casa mia e i ricchioni non li voglio”, “gli farò del male”, “lo porterò davanti al consiglio disciplinare”, e così via, frasi sia del primario che della facente funzioni caposala. E davanti al consiglio disciplinare, per intimorirmi e fermarmi, sono stato davvero portato, soprattutto dopo che il primario mi ha detto “se ti allontani dal tuo posto anche solo per prendere un bicchiere d’acqua ti porto davanti al consiglio disciplinare”, nonostante tutti si allontanino per fumare o andare al bar e a nessuno viene fatto nulla. Questi atteggiamenti quasi camorristici ed intimidatori vanno avanti da due anni ormai e queste due persone si permettono questi comportamenti, vantandosi anche di essere protette sia politicamente che in altre sedi (ed effettivamente, nonostante i loro reiterati comportamenti aggressivi anche nei confronti di altri colleghi) finora nessuno dei due ha subito neanche un procedimento disciplinare”.

Cosa ti ha spinto a denunciare?

“Ho deciso di denunciare perché non voglio e non posso consentire a nessuno di calpestare la mia dignità, ho sempre odiato chi del potere faceva abuso, e queste due persone, non sapendo gestire la posizione che occupano, hanno distrutto finanche l’amore per la professione ed il lavoro che tutti gli operatori del settore avevano, costringendo molti ad andare via. Ho peraltro sperimentato anche tra i miei amici i danni dell’omofobia (alcuni hanno anche compiuto gesti estremi, togliendosi la vita), per cui ho ritenuto importante questa battaglia anche per gli atri, perché nessuno ha il diritto di offendere o giudicare la vita di un’altra persona. La mia fortuna è quella di avere un carattere molto forte, forgiato dal mio vissuto, perché la vita non mi ha regalato nulla, mi sono dovuto guadagnare tutto e non ho mai occupato posti di

rilievo per raccomandazione o in cambio di favori sessuali, come molti altri che vedo al di sopra di me…”

Non hai o hai avuto paura di perdere il posto di lavoro? Quanto è stato difficile fare questo passo?

“Il timore inizialmente c’è stato, perché la paura di ritorsioni, in un ambiente così chiuso e gretto c’è sempre, viste peraltro le specifiche minacce ricevute; ma ho deciso di far prevalere il senso di giustizia e di non tollerare più quanto stava accadendo. Non si può solo lamentarsi e tacere, ma per cambiare anche solo qualcosa bisogna denunciare, assumendosene i rischi e le conseguenze. Non nascondo che ho ricevuto persino minacce da alcuni esponenti di clan camorristici, ho subito aggressioni fisiche e verbali sul posto di lavoro e fuori, perché “il ricchione deve andare via da qua e deve andare davanti al consiglio disciplinare”, ma io non mi fermo”.

Come la vivi oggi che continui, comunque, a lavorare proprio in quel luogo e con quegli stessi colleghi? Dalla tua parte, ne hai trovati davvero pochissimi…

“Continuo a lavorare in un ambiente ostile, ma io sono lì non per me ma per i pazienti e la salute dei malati viene prima di tutto, anche perché sono persone che vengono in ospedale perché stanno male ed io cerco di dare il meglio di me senza far pesare a loro ciò che subisco (e non sarebbe giusto il contrario visto che la vita è stata già dura con alcuni malati). I colleghi dalla mia parte sono davvero pochi, vuoi per omertà, vuoi per paura, perché molti vengono terrorizzati a tal punto sia dal primario che dalla facente funzioni caposala da fargli credere che se non faranno ciò che dicono non avranno il rinnovo del contratto; alcuni si “vendono” anche per poche ore di straordinario: la stessa facente funzioni caposala fa 12/13 ore al giorno dal lunedì al sabato non rispettando il contratto nazionale, né la legge 161/2014 (quindi violando gli orari di lavoro e facendo molto straordinario) e nessuno della dirigenza fa rispettare queste norme pur sapendo  (a volte sembra che più ti comporti male e più carriera fai al Ruggi…).

 E’ successo altro dopo le tue denunce e la tua presa di posizione?

“Dopo le mie denunce sono aumentati gli attacchi e le discriminazioni e le minacce da parte del primario e della facente funzioni caposala, sono stato messo in disparte ed emarginato da alcuni colleghi ostili nei miei confronti a tal punto che sono stato costretto a cambiare turno, e mi è stato reso ancor più difficile il lavoro. Ormai devo diffidare di tutti, persino di molti miei colleghi che sembrano star lì ad aspettare un mio errore per riferire al primario o caposala”.

Qual è il messaggio che vuoi lanciare a chi si è sentito e si sente tuttora come te?

“Il messaggio che voglio lanciare è che bisogna denunciare sempre e comunque senza aver paura, perché i diritti non si possono tutelare con il silenzio e l’omertà. Nel mio lavoro ho la responsabilità di vite umane ed è mio dovere denunciare la cattiveria, l’ignoranza, la mala sanità, affinchè ognuno possa vivere liberamente la propria vita e anche la propria sessualità, sempre nel rispetto del prossimo ovviamente, ma senza che nessuno possa sentirsi padrone della vita altrui”.

Come lo vedi il tuo futuro? Quali iniziative vorresti intraprendere?

“Il mio futuro lo vedo con il mio compagno e la mia famiglia, perché non ho rimpianti; la mia famiglia mi è sempre stata vicina ed è a loro che devo quello che sono. Devo ringraziare per l’amore e per l’educazione che mi hanno dato. Le iniziative da intraprendere sono tante, perché bisogna ancora insegnare il rispetto e l’amore per il prossimo, bisogna migliorare il modo di lavorare e di rapportarsi con le persone, ma soprattutto con i malati, e bisognerebbe istituire più corsi di formazione, perché con l’ignoranza non si va da nessuna parte. E poi si dovrebbe dare più spazio al merito, soprattutto in alcuni posti di lavoro. Senza le competenze non si va da nessuna parte ed in alcuni posti più che in altri le competenze (vere non solo cartacee) sono necessarie. E poi, con un po’ di fortuna, mi auguro che finalmente qualcosa cambi…” 

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